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Politica

Tagli ai teatri, Stefano Bruno Galli: "I fondi? Un aumento col nuovo anno"

L’assessore regionale alla Cultura: ogni euro investito diventa capitale sociale

L’assessore regionale alla Cultura Stefano Bruno Galli

Ieri, in Consiglio regionale, ha fatto sapere che, con buona probabilità, all’inizio del prossimo anno ci sarà un’integrazione dei fondi destinati agli enti della cultura per il 2022. Un impegno, quello di Stefano Bruno Galli, assessore lombardo alla Cultura e all’Autonomia, che arriva dopo i malumori dei teatri, a Milano come a Brescia: in attesa dell’integrazione, infatti, le risorse sulle quali possono contare sono inferiori rispetto al 2021.

Assessore, si è ravveduto?

"Nessun ravvedimento. Ho semplicemente detto che probabilmente farò come lo scorso anno. Ricordo che l’ultima integrazione al bilancio del 2021 è stata approvata a febbraio del 2022. Ammorbidiremo il taglio per tutti gli enti, cercheremo di avvicinarci il più possibile alle quote assicurate l’anno scorso. Ma i problemi sono altri e rimarranno tutti sul tavolo. Faccio il docente universitario, non taglio volentieri i fondi alla cultura, so bene che ogni euro investito in cultura è un investimento sul capitale sociale di una comunità".

Perché questo finanziamento in due tempi?

"Perché devo basarmi sulle disponibilità di bilancio".

Quali problemi ritiene rimarranno anche una volta integrati i fondi?

"Innanzitutto quello relativo alle risorse che le Regioni e gli enti locali possono mettere a disposizione: non è un caso che anche il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, abbia annunciato tagli. In regime di risorse scarse si è obbligati a scegliere: noi non abbiamo ridotto le risorse a tutti nello stesso modo, abbiamo tolto meno alle realtà piccole ma virtuose e abbiamo tolto di più alle realtà grandi, pachidermiche, che prendono fondi ingenti. Questo è avvenuto in un contesto del tutto particolare sul quale spesso si tace: durante il periodo pandemico molte realtà della cultura sono riuscite a sistemare i bilanci, alcune hanno avuto il miglior bilancio di sempre, perché non hanno dovuto sostenere costi per le produzioni, perché hanno ricevuto più risorse dal FUS, che nei due anni di pandemia è stato incrementato, oltre a quelle della Regione e dei Comuni, e perché gli artisti sono stati coperti dall’Inps. Davanti a questi dati di fatto bisogna porsi il tema della gestione dei teatri, che, ormai, deve essere di tipo manageriale".

Oggi, a suo avviso, non lo è?

"In molti casi no. Oggi bisogna fare fundraising e il fundraising ha le sue peculiarità, non siamo più nel mondo delle donazioni filantropiche. Bisogna saper dialogare con le comunità e i contesti in cui si è inseriti in modo da riuscire a intercettarne le esigenze e portare le persone in teatro. Ho fatto solo due esempi, ma ce ne sarebbero anche altri: penso anche all’importo di certi cachet. Le istituzioni devono essere un aiuto per affrontare il mercato, ma gli enti della cultura devono interrogarsi su quale sia il modo di affrontarlo".

Perché la Regione vuole regionalizzare il Fondo unico per lo spettacolo (Fus ndr )?

"Perché proprio il Fus, così come è oggi, rappresenta un altro problema. La Lombardia ha una produzione di spettacoli e uno sbigliettamento che vale il 22-24% del volume nazionale. Ma riceve il 15% delle risorse messe in gioco dal Fondo, ogni anno perde circa il 10% delle risorse alle quali avrebbe diritto. Un’altra stortura è rappresentata dai finanziamenti alle Fondazioni lirico-sinfoniche: in Italia sono 14, eppure ricevono il 53% delle risorse del FUS. Ecco perché rivedere il funzionamento del Fondo è una delle nostre richieste di autonomia".

Rivederlo come?

"Regionalizzandolo. Non deve essere lo Stato a decidere quando deve restituire ai teatri lombardi, deve essere la Regione a presentare il conto allo Stato. O si potrebbe trattenere la quota del Fondo destinata alla Lombardia dalla fiscalità regionale".

L’altra sua delega è l’Autonomia, di cui è stato l’ideatore in Lombardia. Fratelli d’Italia la vuole davvero?

"Io constato con soddisfazione che con questo Governo e grazie al ministro Roberto Calderoli si è fatto un grande passo avanti: si è smesso di ragionare di legge quadro e si è iniziato a lavorare a una legge attuativa dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione. È partito il lavoro per definire chi deve fare cosa e la successione delle tappe da compiere".