ROBERTA RAMPINI
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Bollate, il ristorante “InGalera” fa scuola al mondo

Dopo Colombia e Francia, una delegazione di magistrati messicani ha visitato il carcere per “copiare” il progetto

Ristorante InGalera (Foto Facebook)

Bollate (Milano), 15 febbraio 2020 - L’orgoglio di chi lo ha pensato e realizzato con determinazione è tanto: "Questa “bricconata” che mi sono inventata piace molto all’estero perché offre un percorso concreto di riabilitazione ai detenuti". Lei è Silvia Polleri, presidente della cooperativa Abc La Sapienza in Tavola che dal 2004 svolge servizi di catering dando lavoro ai detenuti. La “bricconata” di cui parla è il ristorante “InGalera” aperto nell’ottobre 2015 all’interno del carcere di Bollate. Ancora oggi unico in Italia (quello di Torino ha chiuso lo scorso gennaio), il ristorante dietro le sbarre piace e dopo la Colombia anche il Messico ha deciso di “copiare” il progetto. Una delegazione di cinque magistrati messicani e un rappresentante dell’Onu hanno visitato il ristorante per apprendere il know how del progetto.

"Questa voglia di esportare l’iniziativa ci fa capire che siamo sulla strada giusta, nel 2016 avevamo ricevuto la visita di Johana Bahamon, famosa attrice colombiana impegnata in un progetto per il recupero delle donne detenute, e qualche mese dopo è nato Interno-ristorante in una piccola prigione femminile di Cartagena. Ci hanno contattato pure da Marsiglia, anche la Spagna è interessata alla nostra esperienza e nelle prossime settimane verrà dalla Norvegia un gruppo di docenti che lavorano in carcere". E ogni volta clienti e visitatori si stupiscono di qualcosa: "I magistrati sono rimasti sorpresi del fatto che ai tavoli ci sono i coltelli, io ho detto loro che in cucina ne avevamo altri molto più grandi", ironizza Silvia. E poi mette in fila qualche numero: sedici anni di cooperativa, quattro anni e mezzo di ristorante, oltre 50.000 clienti, circa 70 detenuti che hanno lavorato per la cooperativa, 15 al ristorante tutti assunti e retribuiti con busta paga a fine mese. Oggi tra i tavoli e in cucina ci sono 8 detenuti e un non-detenuto, tutti professionisti.

E così "il ristorante è diventato un luogo di incontro tra chi sta dentro e chi sta fuori, la maggior parte delle persone non avrebbe mai oltrepassato la soglia del carcere", spiega Polleri. Ad accompagnare la delegazione messicana c’erano Pietro Buffa, provveditore dell’amministrazione penitenziaria in Lombardia, e la direttrice del carcere, Cosima Buccoliero. "Credo che la caratteristica vincente di questo progetto sia la tenacia di chi lo ha realizzato - spiega Buffa -, inoltre la collocazione all’interno di un carcere all’avanguardia favorisce il successo".