
La presentazione del casco anti-perdita dei capelli, destinato soprattutto alle donne reduci dalle cure per un tumore al seno
Bergamo, 22 aprile 2025 – Fra gli effetti collaterali della chemioterapia è sicuramente il più evidente. E, seppure meno difficile da sopportare fisicamente rispetto ad altre conseguenze, sicuramente è una manifestazione che può assestare un duro colpo ad autostima e morale, in un momento tanto delicato, anche psicologicamente, per il paziente.
Parliamo dell’alopecia provocata dai trattamenti chemioterapici, fra i quali quelli per la cura del tumore al seno. Nel reparto di Oncologia dell’Asst Papa Giovanni XXIII è in funzione il nuovo casco progettato per prevenire la caduta dei capelli, evitando alle donne il ricorso alla parrucca.
L’iniziativa
Il casco – si legge in una nota dell'ASST Papa Giovanni XXIII – donato dall’Associazione Oncologica Bergamasca (A.O.B.) viene proposto a pazienti selezionate in base a precisi requisiti necessari all'utilizzo efficace del dispositivo.
Per rendere nota la consegna, avvenuta nei giorni scorsi, è stata simbolicamente scelta la data del 22 aprile, Giornata per la Salute della Donna.
Come funziona
Il nuovo dispositivo agisce raffreddando il cuoio capelluto durante la chemioterapia. Lo 'scalp cooling' (casco refrigerante) è il metodo più efficace finora individuato per prevenire l'alopecia, che è uno degli effetti indesiderati più spiacevoli causati dalla chemioterapia. In base alle evidenze di efficacia, il casco refrigerante viene proposto a pazienti selezionate e con determinate caratteristiche.
Un recente studio italiano ha rilevato una percentuale di successo complessiva del 68% dei casi, che ha permesso alle pazienti di non dover indossare una parrucca. La percentuale di successo varia sensibilmente da caso a caso e in base al tipo di chemioterapico utilizzato. Proprio per questo il dispositivo è oggi proposto nei casi dove l'attesa di beneficio risulta essere maggiore.
Anche se in genere il casco è ben tollerato, circa il 10% delle pazienti decide di interrompere il ricorso al dispositivo, lamentando effetti collaterali come cefalea transitoria, sensazione di freddo e di fastidio poco sopportabili.
Più in generale, va considerato che a limitare il ricorso diffuso a dispositivi simili nella pratica clinica è soprattutto il costo della procedura, legata al dispositivo e ai suoi componenti, nonché all'impatto a livello logistico e organizzativo. Per queste ragioni è necessario un adeguato investimento e un'attenta programmazione terapeutica. Questi sforzi peraltro risultano ampiamente ripagati quando è risparmiata la perdita dei capelli alle pazienti in cura chemioterapica.
I commenti
Alla presentazione del dispositivo hanno partecipato, per l'ospedale, Francesco Locati, direttore generale, il direttore dell'Oncologia Alberto Zambelli, la coordinatrice infermieristica Barbara Zanchi e l'infermiera Maria Grazia Paris. Per l’Associazione Oncologica Bergamasca era presente il presidente Maurizio Radici, insieme alle volontarie Marina Callioni, Nadia Gherardi, Lella Boiardi e Patrizia Castelletti.
"Sappiamo quanto la perdita dei capelli, pur non essendo tra gli effetti più gravi della chemioterapia – ha dichiarato Maurizio Radici – possa avere un impatto molto forte sulla qualità di vita delle pazienti. Per questo abbiamo scelto di donare questo casco, uno strumento innovativo che può fare una grande differenza nel percorso di cura, aiutando le donne ad affrontare la malattia con maggiore forza e serenità”.
“Questo nuovo dispositivo – ha dichiarato Francesco Locati, direttore generale dell'Asst Papa Giovanni XXIII, nel ringraziare i donatori – rafforza ulteriormente il profilo che già da tempo caratterizza la nostra struttura, come ospedale attento alle esigenze al femminile nei processi di diagnosi e cura. L'obiettivo è quello di utilizzarlo al meglio per aiutare alcune pazienti ad attenuare l'impatto a livello psicologico, già in sé molto forte, delle cure per il tumore al seno".
Le cifre
L'alopecia riguarda circa 7 donne su 10 sottoposte a chemio per carcinoma mammario. Sebbene i capelli ricrescano solitamente entro 3-4 settimane dal termine della terapia, la loro perdita rappresenta il "segno visibile" della malattia.
L'impatto psicologico per la donna con tumore al seno può essere molto forte. Per vari aspetti, tra cui l'accettazione di sé nella malattia o la volontà di tenere riservata la propria privacy rispetto al lavoro o alla sfera dei conoscenti o dei familiari, quasi sempre le donne scelgono di indossare parrucche.