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Long Covid e sindrome di burnout in Lombardia: a rischio migliaia di lavoratori. Cause e i sintomi

In aumento le sofferenze generate dal lavoro o la grande difficoltà a tenere ritmi e pressioni. Tra le conseguenze crescono le richieste di congedo, le assenze per malattia e anche le dimissioni

Effetti del Long Covid e sindrome di burnout: sempre più lavoratori lombardi sono a rischio

Effetti del Long Covid e sindrome di burnout: sempre più lavoratori lombardi sono a rischio

Milano, 27 maggio 2024 – Male da lavoro o semplicemente una grande difficoltà a tenere ritmi e pressioni. Il risultato? Un aumento  congedi, assenze per malattia e persino dimissioni. Ma ci sono motivi medici e ricerche scientifiche che spiegano bene il fenomeno.

Dal burnout al Long Covid

Una sensazione diffusa negli uffici e in generale sui luoghi di lavoro confermata dai dati sulla sindrome da burnout: le richieste di aiuto sono infatti aumentate del 109,7% rispetto allo stesso periodo del 2023. In particolare, il 28,3% di coloro che si rivolge a uno specialista, come quelli di Unobravo che hanno curato la ricerca, in cerca di supporto dichiara di avere delle difficoltà proprio sul fronte professionale. Di questi, più della metà (57,3%) manifesta una sofferenza generata dal lavoro e il 10% attribuisce all'ambito lavorativo le principali complicazioni che si trova ad affrontare nella quotidianità. Non c’è solo la sindrome di burnout a pesare sui lavoratori ma anche gli effetti del Long Covid secondo uno studio pubblicato su PubMed da un team dell'Irccs Salvatore Maugeri-Università di Pavia.

Il Long Covid e capacità lavorativa

Molte ricerche hanno evidenziato un aumento dei congedi, di assenze per malattia, molto importante dopo la pandemia e anche della disoccupazione. Anche il funzionamento del sistema nervoso autonomo "può essere influenzato da Sars-CoV-2" e questa condizione può sfociare in "una sindrome autonomica che riguarda il sistema nervoso e che è possibile ancora riscontrare dopo 6 mesi dalla guarigione dall'infezione acuta". Questo tipo di sindrome è stata riscontrata in "un lavoratore su 3" colpito dal Covid.

Sistema nervoso sotto attacco

Secondo i ricercatori, l'infezione da Sars-CoV-2 incide sul funzionamento del sistema nervoso autonomo portando ad una sindrome autonomica cronica che oggi non è riconosciuta come malattia. "In questo lavoro – spiega Luca Rinaldi, medico in specializzazione all'Irccs Maugeri Pavia - abbiamo valutato l'insorgenza della sindrome autonomica da Long Covid in un gruppo di lavoratori attivi, nonché le relazioni con la capacità lavorativa". La ricerca è stata condotta in Italia durante la seconda ondata della pandemia. Sono stati selezionati 45 soggetti - non vaccinati contro il Covid - ricoverati in ospedale per una forma grave di malattia Covid, età media poco più di 53 anni, con una diagnosi di Covid, e sono stati seguiti per 6 mesi analizzando anche il loro ritorno al lavoro che poi è stato valutato con questionari specifici.

I sintomi

"Abbiamo aggiunto un tassello ai danni del Covid individuando una correlazione tra la malattia e l'impatto sul sistema nervoso. Un aiuto per i medici del lavoro, che in questo modo possono essere più aggiornati nel caso si presenti un lavoratore che accusa, dopo mesi dall'infezione da Sars-CoV-2, alcuni sintomi che purtroppo non sono così specifici e variano rispetto alla tipologia di attività: vanno dalle difficoltà nelle capacità di concentrazione in chi fa un lavoro di intelletto a una riduzione della resistenza rispetto a chi sta molto in piedi e si sente quindi molto più affaticato".

Tachicardia posturale

Nello studio i ricercatori fanno notare che "diversi sintomi rispecchiano una condizione nota come Sindrome da tachicardia posturale ortostatica (Pots). Si tratta di una condizione che fa sì che, quando una persona si alza in piedi, il sangue rimanga nella parte inferiore del corpo invece di scorrere e ciò provoca una frequenza cardiaca irregolare". Infatti, "la Pots era già stata osservata in altri casi di infezioni da virus e noi l'abbiamo riscontrata, seppur in un piccolo campione, in chi è stato colpito dal Covid", precisa Rinaldi. Lo studio è la prosecuzione della sua tesi di laurea curata da Franca Barbic, professore associato di Humanitas.