Leucemia, i sintomi e la diagnosi della malattia di Stefano Cirillo

Il giovane tiktoker ha annunciato di avere un cancro maligno. Ecco come riconoscere la malattia da alcuni segni e quali gli esami da fare

Le diagnosi di leucemia sono aumentate negli ultimi anni: nel 2023 si sono registrate 24mila diagnosi in più

Le diagnosi di leucemia sono aumentate negli ultimi anni: nel 2023 si sono registrate 24mila diagnosi in più

Milano, 9 agosto 2024 – La notizia della malattia di Stefano Cirillo ha creato intorno al tiktoker 19enne di Brescia un’onda di affetto e solidarietà verso il giovane e verso ciò che dovrà affrontare ma ha anche acceso i riflettori su una malattia che purtroppo registra numeri molto alti in Italia: dagli ultimi dati riportati dal Sole 24ore, nel 2023 si sono registrate 24mila nuove diagnosi solo per leucemie e linfoma di Hodgkin arrivando ad avere oltre 300mila persone nel nostro paese che vivono con diverse forme di leucemia o con linfoma di Hodgkin o non Hodkin (un’altra forma di linfoma che si sviluppa nei linfonodi o in altri organi e sistemi, tra cui stomaco, intestino, fegato e ossa). Ecco quali sono i sintomi, anche descritti da Stefano Cirillo, che insorgono con la malattia; la diagnosi e le cure da affrontare.

I sintomi e la situazione di Stefano Cirillo

I sintomi variano a seconda della leucemia che si ha: nelle prime fasi della leucemia cronica è frequente non avere tanti sintomi perché le cellule leucemiche interferiscono in modo limitato con le funzioni delle altre cellule. La leucemia acuta, che si sviluppa sempre nel midollo osseo, progredisce molto più velocemente e questo comporta a sintomi precoci che possono peggiorare con rapidità: Stefano Cirillo stesso ha confidato ai fan di aver sentito comportamenti del suo corpo diversi dal solito: “Avevo dolori alla schiena lancinanti, una vertebra consumata dalla malattia, sudorazioni notturne (non per il caldo estivo). Arrivavo a bagnare maglietta e letto; ho avuto febbre asettica fissa, ho perso 10 kg in tre mesi e ad ogni lavaggio perdevo una valanga di capelli senza spiegazioni”.

A seconda dello spostamento delle cellule leucemiche all'interno dell'organismo le manifestazioni possono essere diverse: febbre, sudorazioni notturne, stanchezza e affaticamento, mal di testa, dolori ossei e articolari, perdita di peso, pallore, suscettibilità alle infezioni, facilità al sanguinamento oppure ingrossamento della milza e dei linfonodi. Tutti questi sintomi però sono comuni anche ad altre malattie e quindi non si può dire bastino per diagnosticare la malattia.

La diagnosi

Il 19enne tiktoker l’ha ripetuto in tutti i suoi sfoghi social: “Non bastano esami del sangue ma esami approfonditi come la TAC, la PEC, radiografie e via dicendo”. Effettivamente il primo passo è un consulto medico che deve valutare la storia famigliare e i sintomi ed effettuerà una visita accurata sul paziente: se si sospetta la malattia si procede ad ulteriori esami. 

Il prelievo di sangue permette di valutare numero e forma delle cellule: la leucemia causa infatti anemia, un basso numero di piastrine e aumento o diminuzione dei globuli bianchi, e l’aspetto delle cellule osservate al microscopio è utile per togliere gli ultimi dubbi. 

Una volta accertata la presenza si procede in genere con un ulteriore prelievo di sangue e di midollo osseo che, grazie a test molecolari e citogenetici, consente di caratterizzare in modo più preciso il tipo di leucemia (presenza di mutazioni, anomalie ai cromosomi eccetera). Ad esempio Stefano Cirillo ha confidato ai follower che dagli ultimi esami nella sua leucemia non è presente il cromosoma Philadelphia (chiamato così dal luogo in cui lavorò il team di medici) e che sta a significare una mutazione molto pericolosa.

Come si cura la leucemia

La scelta della terapia più adatta dipende da diversi fattori e, in primo luogo, dalle caratteristiche della malattia e da quelle del paziente.

In linea generale, la chemioterapia resta il trattamento di prima scelta che ha lo scopo di eliminare le cellule leucemiche (blasti) presenti nel sangue e di riportare quelle del midollo osseo a livelli normali. Una volta ottenuta la cosiddetta remissione completa, cioè l'assenza di segni e sintomi si passa alla fase di consolidamento che ha lo scopo di rafforzare i risultati ottenuti nella prima fase, eliminando anche le ultime cellule tumorali rimaste. I farmaci utilizzati per la fase di induzione sono utilizzati con dosi e tempi diversi a seconda delle esigenze del paziente.

Dopo la terapia di consolidamento è possibile procedere con un trapianto di cellule staminali ematopoietiche, capaci cioè di generare le cellule del sangue. La scelta di procedere con il trapianto dipende dal paziente (è adatto a pazienti più giovani), dalle caratteristiche della malattia, dai fattori prognostici e dalla disponibilità di un donatore.

Le cellule staminali possono essere prelevate dal sangue o dal midollo osseo dello stesso paziente (trapianto autologo) o di un donatore (trapianto allogenico) o possono derivare dal sangue del cordone ombelicale: grazie al trapianto è possibile utilizzare dosi più elevate di chemioterapia aumentando la probabilità di distruggere tutte le cellule tumorali e il midollo danneggiato dalla chemioterapia verrà poi sostituito da quello introdotto con il trapianto.

Negli anziani o nei pazienti che non tollerano alte dosi di chemioterapia, è possibile procedere con una forma di trapianto detto non-mieloablativo in cui si utilizza chemioterapia a bassa dose e si sfrutta la capacità delle nuove cellule trapiantate di innescare reazioni immunitarie contro le cellule tumorali.

Esistono altri approcci, a seconda del trattamento di ogni paziente: in quasi tutti i casi, soprattutto nei pazienti fragili e anziani, si fa ricorso anche a terapie di supporto (trasfusioni di globuli rossi e concentrati di piastrine o trattamenti con antibiotici e antifungini) allo scopo di contrastare l'anemia, le emorragie e le infezioni. Queste terapie spesso rappresentano l'unica forma di trattamento nei pazienti particolarmente anziani e fragili.