
Elettrocardiogramma (Immagine d'archivio)
Milano, 27 marzo 2025 -L'Italia ogni 5 minuti una donna viene colpita da una malattia cardiovascolare per un totale di 124mila casi all'anno, con una mortalità pari al 31%. La malattia coronarica, che è la condizione predisponente all'infarto, interessa 1 donna su 9 tra i 45 e i 64 anni e 1 su 3 dopo i 65 anni".
L’allarme
L'allarme arriva dal Centro cardiologico Monzino di Milano, che ha promosso il convegno 'Medicina di genere: verso una personalizzazione della cura e… oltre'.
Un dato, quello italiano che conferma come a livello mondiale le malattie del cuore, siano ormai patologie sempre più al femminile, con casi e decessi in crescita costante. "Studi internazionali mostrano che, nei Paesi ad alto reddito (Stati Uniti, Canada e Australia), il tasso di mortalità nelle donne fra i 35 e i 74 anni è aumentato stabilmente nel periodo 2001-2016, mentre i ricoveri per infarto nelle donne con meno di 55 anni negli Usa sono passati dal 21% del totale dei ricoveri femminili nel periodo 1995-99 al 31% nell'intervallo 2010-2014.
Perché aumenta la patologia nelle donne
"Le donne oggi sono le cenerentole della cardiologia'", afferma Daniela Trabattoni, coordinatrice dell'evento e responsabile di Monzino Women Heart Center, il centro clinico e di ricerca dell'Irccs meneghino interamente dedicato al cuore delle donne.
Meno screening
"Rispetto agli uomini - sottolinea - sono meno sottoposte a indagini di screening riguardanti l'assetto lipidico (i livelli di colesterolo) e vengono trattate in minor misura con farmaci ipolipemizzanti e antiaggreganti o con beta bloccanti ed eparina in corso di infarto acuto del miocardio. Il problema è che mancano anche le conoscenze: allo stato attuale la disfunzione endoteliale e microvascolare del circolo coronarico nella donna è pressoché sconosciuta perché mancano studi specifici”.
Approccio al femminile
“E' quindi necessario un approccio declinato al femminile già a partire dalla ricerca scientifica. Bisogna conoscere e considerare nella donna non solo la fisiologia, ma anche l'età, il quadro neuro-ormonale peculiare, nonché l'etnia e il substrato psicosociale nel quale la persona si colloca. Di fatto abbiamo già gli strumenti per conoscere e curare la donna nella sua individualità e unicità, come se fosse una principessa. Si tratta ora di diffonderli e di applicarli".
Al consolidamento di una cardiologia femminile il Monzino contribuisce, oltre che con l'attività clinica quotidiana del Monzino Women, anche con un'intesa attività di ricerca, ricordano dall'Irccs.
Tumore al seno e problemi cardiovascolari
L'ultimo risultato in ordine di tempo è Clarifier, studio prospettico multicentrico condotto in collaborazione tra Women Heart Center Monzino e Unità di Radioterapia senologica dell'Istituto europeo di oncologia (Ieo) di Milano. L'obiettivo di Clarifier è stato quello di analizzare, nelle pazienti con tumore al seno, la relazione tra i fattori di rischio cardiovascolare già presenti prima della diagnosi di neoplasia e il trattamento antitumorale e il rischio di sviluppare eventi coronarici dopo radioterapia adiuvante al seno, misurando il punteggio di calcio nelle arterie coronarie (calcium score).
I rischi dei radioterapia toracica
E' noto infatti che tutti i pazienti che ricevono radioterapia toracica sono a rischio aumentato di malattie cardiache e per le donne con tumore al seno è particolarmente alto. I ricercatori hanno quindi cercato un modo per quantificare questo rischio e controllarlo. Lo studio ha dimostrato che è possibile tramite il calcium score identificare le donne ad alto rischio di sviluppare eventi cardiovascolari dopo radioterapia ed è quindi possibile modulare su misura la cura radioterapica, in modo da ottenere il minimo possibile di danni al cuore.
Cura personalizzata
"L'utilizzo del calcium score per modulare un controllo efficace dei fattori di rischio cardiovascolare nelle donne sottoposte a radioterapia per cancro del seno è un esempio perfetto di cura personalizzata che dovrebbe essere lo standard nella cardiologia femminile", conclude Trabattoni.