
La consapevolezza femminile sui rischi cardiovascolari è ancora troppo bassa
Oltre 3.500 donne lombarde coinvolte e un messaggio che non lascia spazio a dubbi: la consapevolezza femminile sui rischi cardiovascolari è ancora troppo bassa.
Più del 64% delle partecipanti non sa che le malattie cardiovascolari sono la prima causa di morte tra le donne. Una disinformazione silenziosa che può avere conseguenze drammatiche. Lo rivelano i risultati dell'indagine «A Call for Women», coordinato da Serenella Castelvecchio, responsabile del Programma di Prevenzione Cardiovascolare e Medicina di Genere dell'IRCCS Policlinico San Donato, che da anni si batte per promuovere la prevenzione cardiovascolare al femminile.
Lo studio, appena pubblicato sullo European Journal of Preventive Cardiology, si è focalizzato sulla Lombardia, avvalendosi delle caratteristiche demografiche ed economiche uniche della regione quali l'elevato numero di abitanti, la vasta rete di strutture scolastiche e universitarie e il più alto prodotto interno lordo regionale. L'indagine osservazionale trasversale ha coinvolto, per la precisione, 3.537 donne (response rate = 64.3%), con un'età media di 48 anni, generalmente caratterizzate da abitudini alimentari poco salutari, scarsa propensione all'attività fisica (PA), ma basso consumo di tabacco e alcol.
La consapevolezza è stata indagata chiedendo alle donne quale fosse la principale causa di morte nella popolazione femminile tra malattie cardiovascolari, tumori, violenza e altro: complessivamente, poco più del 35% ha indicato le malattie cardiovascolari come prima causa, mentre circa il 42% ha attribuito - erroneamente - questo primato ai tumori. Dallo studio emergono una bassa consapevolezza sulle malattie cardiovascolari ma anche stili di vita e dati sociodemografici e sanitari molto differenti, che finora non sono mai stati sfruttati per segmentare efficacemente la popolazione e supportare campagne di educazione diversificate che raggiungano tutte le fasce di età nei diversi ambiti sociali, culturali e professionali.
L'indagine sottolinea la necessità di superare l'approccio «one size fits all», per progettare, invece, interventi personalizzati di prevenzione e, quindi, più efficaci. "I dati mostrano con chiarezza che la prevenzione al femminile deve diventare personalizzata, modulata sull'età, sul contesto socioeconomico e sul vissuto clinico delle donne - spiega Castelvecchio -. Le malattie cardiovascolari sono la principale causa di morte a livello mondiale, in particolare tra le donne. Nell'Unione Europea, sono responsabili del 54% dei decessi nel genere femminile e del 43%, in quello maschile, percentuali che in Italia si assestano al 37.7% per le donne e 31.7% per gli uomini (dati Istat giugno 2024). Per affrontare questa emergenza, non possiamo più parlare alle donne come a un gruppo omogeneo. Serve un nuovo approccio, su misura. Lo studio rappresenta una fotografia dello stato di consapevolezza delle donne in Lombardia, ma offre spunti concreti per tutta l'Italia: 'education, empowerment e awareness' sono le tre parole chiave per campagne mirate e per una rete di prevenzione che parta da dati reali e dai bisogni specifici delle donne”.