
Un “vademecum pasquale” per potersi rapportare con chi soffre di disturbi del comportamento alimentare e rendere le festività un momento psicologicamente più sostenibile
Per moltissimi Pasqua è sinonimo di pranzo in famiglia, di tavola imbandita con i piatti della tradizione e chiacchiere e risate con i parenti. Ma non per tutti il cibo è sinonimo di festa: per chi soffre di Disturbi del comportamento alimentare (Dca), questi momenti possono rappresentare difficili da gestire, sia per il semplice fatto di doversi interfacciare con un momento conviviale che mette al centro il gesto di mangiare (e spesso mangiare il più possibile), sia per le frasi che spesso escono con leggerezza dalla bocca dei famigliari, ma che possono diventare un vero e proprio fardello. Si stima che in Italia ci siano 3,5 milioni di persone che soffrono di Dca. Per chi vive questo tipo di problematica le festività, spesso sinonimo di abbuffate nelle famiglie italiane, hanno un risvolto opprimente, che deriva dalla paura di sentirsi fuori posto, dal peso delle aspettative, dall’ansia di non riuscire a gestire il cibo e le relazioni. “Ritrovarsi in un contesto in cui il cibo è centrale come il pranzo pasquale potrebbe generare un senso di pressione o far emergere emozioni complesse. Il timore, poi, di dover aderire a dinamiche che non rispecchiano i propri bisogni potrebbe rendere la giornata faticosa”, spiega Giuseppe Magistrale, co-founder e Ceo di Lilac-Centro Dca - digital health tech startup, prima realtà in Italia nata con l’obiettivo di creare un modello innovativo per il trattamento dei disturbi alimentari.
Come si può contribuire alla serenità di chi soffre di Dca in queste occasioni? Lilac-Centro Dca ha redatto un “Vademecum pasquale” utile a genitori, parenti e amici per potersi rapportare con chi soffre di disturbi del comportamento alimentare e rendere le festività un momento più sereno e psicologicamente più sostenibile. La guida – realizzata a partire da un’indagine realizzata da Lilac sulla sua community e dalle testimonianze dei pazienti – mette in evidenza 6 frasi problematiche che spesso vengono rivolte a chi soffre di queste patologie e che hanno il solo risultato di metterle in difficoltà. “Ci sono ancora troppi pregiudizi e davvero poca cultura sui problemi del comportamento alimentare – sottolinea Filippo Perotto, co-founder di Lilac-Centro Dca – la riprova, come si vede dalla nostra indagine, è in semplice numero: il 63% delle persone della nostra community che soffre di DCA ha risposto negativamente alla domanda se le persone a loro vicine comprendono il disturbo alimentare che li affligge”.
Le frasi da non dire
Il tuo peso è nella norma, quindi non hai un problema
Un disturbo alimentare non è necessariamente visibile e chi ne soffre può avere qualsiasi tipo di corporatura e qualsiasi peso. “Ridurre la complessità del problema a un numero significa negare la sofferenza di chi lo vive”, sottolinea Lilac.
Non sembra che tu abbia un disturbo alimentare
Di nuovo, i DCA non sempre sono visibili e questa frase rafforza l’idea che si debba dimostrare di stare male per essere creduti, aumentando vergogna e il senso di invisibilità.
È solo una fase passeggera
“Minimizzare il problema lo rende ancora più difficile da affrontare”, spiega Lilac. I disturbi alimentari richiedono attenzione, cura e un percorso di guarigione.
Mangia di più e vedrai che passa
Alla base dei DCA ci sono dolore emotivo, rigidità, paure e meccanismi di controllo profondi che non si risolvono sforzandosi di mangiare - e il cibo non è né il problema né la soluzione.
Non pensi di aver mangiato abbastanza?
“Questa domanda fa sentire giudicati, controllati e può aumentare la tensione”, spiega Lilac. E anche se spesso i famigliari la rivolgono “in buona fede”, pone l’accento su qualcosa di molto delicato e intimo, rischiando di innescare vergogna o reazioni difensive.
Ma dai, oggi non si contano le calorie!
“Una frase che può sembrare leggera o liberatoria, ma per chi ha un DCA può risultare invalidante o colpevolizzante”, perché il malessere non può essere messo in pausa per “godersi la festa”, ma richiede anzi rispetto e delicatezza.
Ma cosa si può fare se si soffre di DCA e ci viene rivolta una di queste frasi?
“Avere una risposta pronta da dare può essere una soluzione per proteggere il proprio spazio senza dover entrare in discussioni sfiancanti. - spiega Perotto di Lilac-Centro DCA - Altre volte, invece, la scelta migliore può essere cambiare argomento, fare un sorriso neutro o spostare l’attenzione su altro, senza sentirsi obbligati a giustificarsi”.