REDAZIONE SALUTE

La procreazione assistita è pericolosa per il cuore delle mamme? Cosa dice l’analisi di Humanitas

Un cardiologo e una ginecologa dell’istituto milanese hanno combinato gli accertamenti di dieci studi clinici indipendenti, raggiungendo un risultato più che rassicurante per chi intende intraprendere il percorso di Pma

Giulio Stefanini e Nicoletta Di Simone, i due specialisti di Humanitas che hanno condotto l'analisi

Giulio Stefanini e Nicoletta Di Simone, i due specialisti di Humanitas che hanno condotto l'analisi

Milano, 15 gennaio 2025 – Avere un bambino con la procreazione assistita rappresenta un rischio per la salute cardiovascolare della futura mamma? La risposta è no, come accertato attraverso un’analisi pubblicata sull’European Heart Journal e firmata da Giulio Stefanini, il cardiologo responsabile della Ricerca clinica del Cardio Center di Humanitas – diretto dal professor Gianluigi Condorelli – e da Nicoletta Di Simone, ginecologa responsabile del Centro multidisciplinare di Patologia della gravidanza di Humanitas San Pio X, entrambi professori di Humanitas university.

La meta-analisi – che consiste nel combinare statisticamente i risultati di più studi clinici indipendenti in modo rigoroso, per trarre conclusioni più affidabili – ha preso in considerazione dieci studi (selezionati tra più di 7.000 condotti sul tema) e ha incluso complessivamente oltre 500.000 donne che si sono avvalse di tecniche di procreazione assistita, con oltre 36 milioni di donne non trattate come gruppo di controllo.

Nessuna correlazione

“I risultati ottenuti sono rassicuranti – commenta il prof. Giulio Stefanini – Non è stata riscontrata alcuna evidenza significativa che l’uso della Pma aumenti il rischio di eventi cardiovascolari gravi, cioè di infarti, ictus o tromboembolie, nei 10 anni di follow-up inclusi negli studi. Non solo, ma il tasso di rischio di disturbi cardiovascolari, anche non acuti, tende a diminuire con il passare del tempo, fino a stabilizzarsi a livelli simili a quelli delle donne non trattate. Questi risultati sono importanti per le donne che ricorrono alle tecniche di riproduzione assistita e per i professionisti sanitari, poiché suggeriscono la necessità di monitorare la salute cardiovascolare delle pazienti soprattutto nei primi anni dopo il trattamento”.

Le tecniche di riproduzione assistita, come la fecondazione in vitro e l’inseminazione intrauterina, sono responsabili di circa il 4% delle gravidanze al mondo e i benefici di queste tecniche nel favorire la gravidanza sono riconosciuti. Ecco perché è importante confermare la loro sicurezza a lungo termine, come attesta lo studio.

I motivi degli accertamenti

Per quale ragione è stata avviata questa analisi? "È essenziale valutare i rischi associati al trattamento caso per caso, in modo personalizzato – spiega la professoressa Nicoletta Di Simone – soprattutto considerato che le donne che si rivolgono a queste soluzioni possono avere fattori di rischio cardiovascolare preesistenti, quali età più avanzata, patologie ipertensive pregresse, obesità o diabete. Sappiamo anche che alcune condizioni cardiovascolari, come la preeclampsia, si manifestano con maggiore frequenza durante le gravidanze da Pma ed è fondamentale trattarle in modo idoneo”.

Per tutte queste ragioni, annota la ginecologa, “è bene che chi si sottopone al trattamento segua un attento monitoraggio in centri ginecologici e ostetrici che offrano approcci di cura multidisciplinari e che siano in grado di effettuare un adeguato follow-up”. 

I prossimi passi della ricerca

Il passo successivo sarà studiare l’impatto cardiovascolare specifico delle diverse tecniche di Pma e come questo cambi in base al numero di cicli effettuati, per identificare eventuali disparità tra le tecniche e fattori di rischio particolari, su cui occorrerà porre particolare attenzione.

“In Humanitas siamo impegnati a garantire che le donne ricevano terapie di alta qualità, supportate dalle più recenti evidenze scientifiche, sia durante che dopo il trattamento di fertilità – afferma il professor Paolo Emanuele Levi Setti, responsabile del Fertility center dell’Irccs istituto clinico Humanitas, uno dei più grandi in Italia – La Pma deve essere infatti considerata all’interno del più ampio percorso di cura della paziente, un percorso che inizia prima del trattamento e prosegue dopo di esso. Per fare questo è fondamentale la collaborazione tra le discipline e l’impegno costante nella ricerca scientifica, che ci consentirà di rendere la Pma sempre più efficace e sempre più sicura”.