Tracciare una carta d’identità del tumore al seno e individuare le cause della sua crescita, grazie all’analisi in laboratorio delle mutazioni genetiche. Abbiamo nuove opportunità di cura per le donne, ma queste oggi riguardano solo una piccola percentuale di pazienti. Lo rivelano i dati di una ricerca IQVIA realizzata per Novartis, che ha coinvolto quasi 300 reparti di anatomia patologica e laboratori di biologia molecolare su tutto il territorio nazionale, per mettere a fuoco le tecnologie disponibili e il loro effettivo impiego per effettuare test di sequenziamento genico (test NGS, Real time PCR, Digital PCR, Sanger, Elettroforesi). Solo un terzo dei reparti dispone di tecnologie di sequenziamento, e tra questi solo il 30% effettua questo tipo di test per il tumore della mammella. Sono oltre 37mila le italiane che oggi convivono con una diagnosi di cancro mammario avanzato e la ricerca delle mutazioni offre importanti indicazioni per orientare il percorso di cura sulle specifiche caratteristiche genetiche del tumore.
"Siamo di fronte a una svolta per il trattamento del tumore al seno – spiega Pierfranco Conte, professore ordinario all’Università di Padova e direttore Oncologia 2 all’Irccs Istituto Oncologico Veneto – una svolta che richiede la definizione di percorsi diagnostico-terapeutici che tengano sempre più conto della diagnostica molecolare avanzata. Le conoscenze sviluppate sulle cause genetiche alla base della crescita tumorale hanno infatti portato a definire percorsi terapeutici differenziati in tumori mammari con particolari alterazioni genetiche quali ad esempio i tumori HER2+ e i tumori BRCA1 BRCA2 mutati. Recentemente sono state messe a punto nuove terapie target, mirate ad agire su specifiche mutazioni, come la mutazione PIK3CA che riguarda circa il 40% delle pazienti. Queste innovazioni, alla luce del paradigma attuale di diagnosi e trattamento, richiedono la messa a punto di nuove strategie, che mettano in primo piano il ruolo della diagnostica molecolare e la collaborazione tra clinici e laboratori".
Tra le mutazioni a carico delle pazienti c’è anche quella del gene PIK3CA, presente nel 40% delle pazienti con tumore mammario HR+HER2- (sottotipo che rappresenta circa il 60% di tutti i tumori mammari). Rilevare la presenza della mutazione PIK3CA è importante per trattare le pazienti con una terapia mirata. Un approccio “di precisione” assume infatti ancora più importanza se si considera che la presenza della mutazione PIK3CA correla con una più scarsa risposta alle terapie endocrine o chemioterapiche tradizionali.
"La disponibilità di avanzate tecnologie di diagnostica molecolare e le scoperte scientifiche sulla genomica del tumore hanno profondamente cambiato il ruolo del laboratorio, punto di partenza per la cura del tumore al seno – commenta Angelo Paolo Dei Tos, direttore dell’Anatomia Patologica all’Università di Padova -. Oggi in laboratorio siamo in grado di rilevare lo stato di mutazione dei geni coinvolti nella crescita del tumore al seno, come le mutazioni ereditarie del gene BRCA 12 e la frequente mutazione somatica, non ereditaria, del gene PIK3CA. Ecco perché occorrono tecnologie e risorse per effettuare i test di sequenziamento genico in oncologia".
Il carcinoma della mammella è il tumore più diffuso tra la popolazione femminile. In Italia oltre 800 mila persone convivono con la malattia e si stima che nel 2020 si siano effettuate circa 55 mila nuove diagnosi. Dal punto di vista molecolare, il carcinoma mammario può essere classificato in base ad alcuni recettori ormonali (HR e HER2) presenti sulle cellule tumorali e da mutazioni genetiche che influenzano la crescita e l’evoluzione del tumore.
Alessandro Malpelo