Cologno Monzese, 7 agosto 2011 - C’è la firma dell’architetto Renato Sarno sul progetto di riqualificazione del quartiere San Giuliano a Cologno Monzese. È lui il professionista scelto nel 2006 dalla società Edilraf, che fa capo alla Fondazione San Raffaele, per occuparsi della progettazione dell’importante piano di riqualificazione che ha interessato l’intero quartiere colognese intorno all’antica pieve di San Giuliano. Oggi indagato nell’inchiesta sulla nuova Tangentopoli, l’architetto si è occupato della progettazione del piano di intervento colognese, in gran parte ormai realizzato, che prevedeva residenze private e opere pubbliche. Tra queste, la sistemazione del centro storico, un auditorium, un ristorante e la riqualificazione dell’antico parco intorno alla pieve medievale.
A preoccupare l’amministrazione non è il nome di Sarno in calce al progetto, ma la cattiva situazione finanziaria in cui si trova la Fondazione San Raffaele. «L’architetto Sarno non seguiva più il progetto ormai da due anni per volontà della società e per motivazioni che non conosciamo — spiega il sindaco di Cologno, Mario Soldano —. I lavori previsti sono in gran parte conclusi ma c’è un forte ritardo sui tempi stabiliti per la consegna delle opere pubbliche. Per questo abbiamo cercato di metterci in contatto con il San Raffaele, anche se al momento non abbiamo avuto risposte». Il Comune ha comunque fissato entro la fine dell’anno la data in cui la società dovrà concludere i lavori. Società, la Edilraf, le cui sorti non sono ancora chiare: si parla da qualche tempo di una sua possibile liquidazione. «Fino a quando le opere pubbliche non saranno consegnate, i nostri uffici non rilasceranno l’agibilità delle case private, quindi è nell’interesse della società concludere i lavori in tempi brevi per sbloccare le vendite — sottolinea Soldano —. Nella convenzione è comunque prevista una fideiussione che metterà al sicuro il Comune».
Sarno, un architetto che lega spesso il suo nome alle grandi opere. Anche a Sesto, dove progetta le Torri del Parco nell’area ex Marelli: quattro palazzi, un edificio comunale e un supermarket. Siamo nel 1997 e Filippo Penati è sindaco da tre anni. Quel terreno, all’inizio, viene assegnato alle cooperative per costruire edilizia convenzionata. Poi si scopre che l’appezzamento è inquinato e le bonifiche sono troppo costose. Le coop rinunciano e spunta l’imprenditore Enzo Borrelli, lo stesso che nel 2005 aprirà e chiuderà nel giro di due mesi una società (Intesa Casa Spa, dove girano 1,5 milioni di euro) assieme all’allora capo di gabinetto di Penati in Provincia, Giordano Vimercati. Borrelli, alla fine degli anni Novanta non è un grosso costruttore ma ottiene comunque il lavoro: sostiene gli elevati costi di bonifica in cambio di un aumento sostanzioso di volumetrie. L’operazione va in porto. E in regia c’è sempre lui: Sarno, dalla mediazione alla progettazione. Eppure l’architetto, a Sesto, è uno sconosciuto fino a metà degli anni Novanta, quando il direttore generale, Marco Bertoli, lo introduce in città. Da quel momento è un crescendo senza tregua. Fino allo scorso 20 luglio, quando l’inchiesta della Procura di Monza lo trascina al centro del «sistema Sesto».
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