
Elena Todesco nella «sua» adorata Aprica
Aprica, 29 luglio 2016 - Ci sono posti scovati a volte per caso e scelti poi per la vita, come un luogo in cui rifugiarsi. È il caso del rapporto nato tra Aprica, la cittadina valtellinese da sempre ambita meta turistica, ed una sua ospite, Elena Todesco. Per la giovane donna, il piccolo passo tra le Alpi non è solo una località per le vacanze, è un angolo in cui torna sempre volentieri, in cui ha lasciato il cuore. A descrivere questo legame sono le parole stesse della neomamma, che giunta ad Aprica all’età di sei anni per godere dei benefici dell’aria pulita e curare una brutta pertosse, oggi la sceglie anche per gli effetti positivi che ha sulla salute del suo bambino, Pietro, di sei mesi, come racconta in un breve ma sentito scritto, nato «di getto in notturna, tra una poppata e l’altra». Un elenco appassionato, in cui Elena mette in fila i propri pensieri e i motivi che la spingono, di anno in anno, a scegliere questo luogo per le sue pause di relax.
«Aprica mi piace perché è un passo. Un passo è transitorio, per definizione. È allo stesso tempo meta e partenza. Ricordo, da piccola, quando in macchina “superavamo i passi”. L’emozione di aver raggiunto un traguardo. Di essere arrivati in alto per poi ridiscendere. Un passo è una scia. Che racchiude le storie di tutti coloro che ci sono “passati”. Come la coda di una eterna cometa. Mi piacciono le sue vedute, ampie. L’imponenza dell’Adamello da una parte. Il salto tortuoso verso la Valtellina dall’altra. Il suo essere un po’ di qua e un po’ di là. In bilico. Mi piace il suo sole. Che ha una luce particolare, perché lo posso seguire da quando sorge a quando tramonta senza ostacoli e senza ombre. Mi piacciono i suoi prati, che come un’onda trascinano l’Aprica laggiù in basso, dove sta. Come una risacca. Che è sempre lì. Confortante. Arriva sempre. Mi piace scoprire inaspettatamente dietro un edificio oggettivamente brutto un pezzo di vera montagna. Mi piace la sua lunghezza. Il fatto che quasi scivola via. Mai definita. Mai scontata. Mi piace il fatto di trovarmela sempre laggiù in fondo, sia che guardi dal Palabione che da Trivigno. Laggiù, distesa, lunga e rassicurante. A riempire come un’intercapedine tra i monti». Una vera e propria dichiarazione d’amore, dunque, quella esternata da Elena, che conclude le sue riflessioni notturne, con una significativa constatazione: «Certo, se avesse più storia, come Bormio o fosse più omogenea, come Livigno o più raccolta, come Santa Caterina, forse sarebbe più bella. Ma non sarebbe Aprica».