
Il centro Il Gabbiano di Tirano
Tirano, 6 novembre 2014 - A Madonna di Tirano lo si vedeva girare spesso, con l’auto della comunità «Il Gabbiano» e in molti lo conoscevano. Ma nessuno immaginava che l’autista assunto dalla onlus, Francesco Panetta, 63enne di origini calabresi ma residente a Tirano, avesse messo in piedi un giro di spaccio dall’Alta Valle alla vicina Svizzera. Nella frazione all’ombra del Santuario della Beata Vergine, ieri mattina non si parlava d’altro, ma per molti cittadini le vere preoccupazioni, accanto alla droga e allo spaccio, sembrano essere altre.
«Certo quanto avvenuto non è un bell’episodio, ma in questo momento sono i furti a generare maggiore preoccupazione - spiega Giordano Tona -. Sono residente nella contrada di Madonna e poche settimane fa malviventi sono entrati in casa di una famiglia poco distante da dove abito. Loro erano fuori a cena e lo stesso è avvenuto poco dopo in un’altra abitazione. Non si riesce a stare tranquilli». A raccontare un altro episodio di un tentativo di truffa è Luciano Borserini, residente a Villa di Tirano. «Ieri due persone si sono presentate a casa dicendo di essere operai dell’Enel ma in realtà avevano un atteggiamento sospetto - racconta Borserini -. Fortunatamente ero in casa e li ho mandati via, ma penso ad un’anziana sola, come mia madre, che potrebbe rischiare di essere raggirata. E questo non è il primo episodio successo di recente. Per quanto riguarda l’arresto dell’autista della comunità penso che le forze dell’ordine hanno fatto un buon lavoro».
«Sono dispiaciuto per le persone che lavorano nella struttura: c’è stato sconforto tra i cittadini di Madonna, anche per la gravità del fatto, lo spaccio nel parcheggio della comunità - sottolinea Piero Sangiani, titolare dell’hotel Altavilla che da poche settimane ha riaperto con una nuova gestione -. Sono a Tirano da poco ma l’episodio ha creato scalpore». «Chi ha sbagliato è giusto che paghi: penso a chi ha figli, la paura della droga e delle dipendenze - commentano la parrucchiera Piera Sala e la figlia Sara Cabirri -. Per fortuna l’hanno preso ma per quanto riguarda la comunità di recupero non posso dire niente, sono anni che c’è:gli ospiti vengono a farsi fare i capelli, gli stessi educatori chiamano in negozio e li accompagnano. Per una persona che ha sbagliato non bisogna criminalizzare una comunità che si è integrata con la città».