CARLALBERTO BIASINI e LUCA TAVECCHIO
Cronaca

Volo fatale sulla zip-line in Valtellina, tanti i punti ancora da chiarire: dall’imbracatura fino al blocco finale

L’ipotesi: Ghizlane Moutahir non è stata agganciata correttamente. Da valutare anche l’usura del sistema di sicurezza. Sentite tutte le persone presenti e acquisito il video della tragedia

Il punto di arrivo della zip-line

SONDRIO – Un cadavere a pochi metri dalla stazione di arrivo e tante domande alle quali la Procura dovrà dare una risposta. A iniziare dal perché si è fermata la corsa di Ghizlane Moutahir, prima che la donna precipitasse nel vuoto. Parte da qui, dopo aver sentito i testimoni, l’inchiesta sulla morte della 41enne avvenuta nel tratto finale della Fly Emotion, la zipline da brivido che vola sopra la Valle del Bitto in Valtellina, utilizzata da centinaia di migliaia di persone in 13 anni di attività senza mai un incidente. Capire il perché la donna si sia trovata ferma nel vuoto a trenta metri di altezza quando ancora ne mancavano circa venti alla stazione di arrivo, permetterà di meglio valutare la chiave dell’incidente: l’imbracatura, come era stata allacciata e in che stato di usura si trovava.

L’arrivo di Bema della zipline è infatti realizzato in modo da rallentare la corsa prima che il carrello entri nella stazione. La pendenza del cavo di acciaio si addolcisce in modo da ridurre la velocità. Il freno vero e proprio – una sorta di ammortizzatore, coadiuvato da una fune – entra in azione solo una volta superata la piattaforma di arrivo. Ghizlane Moutahir è precipitata prima di arrivare alla piattaforma, a una ventina di metri dalla stazione di Bema. L’eventualità che un cliente della discesa si fermi prima dell’arrivo è prevista ed esiste una precisa procedura che si segue in questi casi. Il personale è dotato di un’apparecchiatura, chiamata in gergo “bicicletta“, che permette risalire il tracciato del cavo fino al punto desiderato per recuperare il cliente fermo. Il blocco del volo prima della fine della corsa per quanto raro, non è impossibile: il peso dell’utente e il vento contrario possono rallentare la corsa fino a fermarla. Queste le cause previste e codificate dall’impianto. Ma è davvero andata così?

L’attenzione è ora concentrata sull’imbraco, costituito da una parte “classica“ (che assicura gambe e spalle) e una sorta di tuta simile a quelle utilizzate sui deltaplani, alle quali si aggiungono dei supporti per i piedi. Com’erano allacciati tutti i sistemi di sicurezza? In che stato erano i materiali e le chiusure? Domande alle quali risponderanno le analisi dei periti nominati dalla procura. Che la donna presa da panico abbia volontariamente sganciato il sistemi di sicurezza è ritenuto improbabile, mentre l’ipotesi a ora più accreditata è che non fosse legata nel modo corretto e che non si stata controllata a dovere prima di lanciarsi.

I magistrati che indagano, compreso il sostituto Stefano Latorre che ha eseguito un sopralluogo subito dopo la tragedia, nelle ultime ore stanno sentendo a verbale con i carabinieri le persone presenti all’incidente: i nipoti della vittima, gli addetti dell’impianto incaricati di preparare per il volo la turista e predisporre tutte le misure di sicurezza necessarie, altri visitatori. L’indagine è per omicidio colposo, al momento ancora a carico di ignoti. Eventuali iscrizioni nel registro degli indagati verranno valutate nelle prossime ore. In tutto sono quindici i dipendenti della società proprietaria dell’impianto. Per ora, appunto, nessuno risulta indagato.

Determinante per ricostruire quanto successo a pochi metri dalla stazione di arrivo di Bema sarà inoltre il video, acquisito dalla Procura, realizzato con lo smartphone da una delle due nipoti della donna morta, che insieme ad altri familiari la stava aspettavano affacciata alla balustra e ha assistito impotente alla tragedia. Venerdì il patologo Luca Tajana dell’Istituto di medicina legale dell’Università di Pavia eseguirà l’autopsia. Da verificare ci sarà innanzitutto se la donna sia stata davvero colta da malore come ipotizzato subito dopo l’incidente. Ghizlane Moutahir era nata in Marocco ma risiedeva in Italia da decenni: per tanti anni era stata residente a Oliveto Lario (Lecco) dove aveva anche gestito un bar. Da circa due anni si era trasferita con il marito a Sant’Angelo Lodigiano (Lodi). Era sposata con un connazionale che domenica l’aveva accompagnata insieme ad altri familiari in Valtellina: lui però non aveva voluto provare l’emozione del volo sulla zipline.