Bondo (Svizzera) - Un esperto non è imparziale: l’inchiesta sulla frana di Bondo, in val Bregaglia, va riaperta. Anche nella vicina Confederazione Elvetica le inchieste giudiziarie sulle catastrofi, volte a far emergere eventuali responsabilità, subiscono degli intoppi e devono ripartire… quasi da zero.
Il tribunale cantonale ha sancito la non imparzialità di un esperto, proposto dal Ministero pubblico, e quindi tra poco verrà nominato un nuovo perito per riscrivere la relazione geologica sulla devastante frana di Bondo. Tanti i punti di "conflitto" dell’esperto nominato in precedenza e che hanno fatto propendere il tribunale a dichiararne la non parzialità, come riporta la RSI. La Procura o, meglio, il Ministero pubblico ha accolto o perlomeno accettato la decisione del tribunale auspicando che le ulteriori parti in causa non facciano ricorso al Tribunale Federale.
E così dopo oltre 5 anni, la questione sulla frana di Bondo non è ancora risolta, i tempi si dilatano, e si rischia di ritornare al punto di partenza. O quasi. E questo tra l’evidente indignazione degli abitanti che chiedono, giustamente, giustizia per le 8 persone che nell’agosto 2017 persero la vita sotto l’impressionante frana caduta dal Pizzo Cengalo. Uno smottamento gigantesco che "tagliò in due" il paese di Bondo e coinvolse le località di Spino e Sottoponte. Devastandole.
Quel lontano 23 agosto 2017 scesero 3 milioni di metri cubi di materiale roccioso che piombarono sul fondovalle portando morte e distruzione. La questione in essere è: qualcuno avrebbe potuto e, soprattutto, dovuto adottare le adeguate misure preventive e chiudere l’intera area? Già nel 2003 il Cengalo, 3.369 metri una delle montagne più alte del gruppo del Bernina, dava segni di instabilità, con le prime cadute. Nel 2011 si sono staccati 1.500.000 di mc di roccia, nel 2012 c’è stata un’altra frana e le colate hanno spazzato via il campeggio di Bondo. Nel 2018 si è deciso di chiudere il "Viale" e tutti i sentieri per e nella val Bondasca.