MICHELE PUSTERLA
Cronaca

Dubino, gli orrori della guerra rimasti negli occhi di una bambina ora nonna

Il racconto di Adelaide Faccendini oggi 87enne nella cui casa venivano accolte diverse persone in difficoltà

Marina Riva ha raccolto le memorie di Adelaide Faccendini, di 87 anni

Dubino (Sondrio) - «Non si ascoltano mai abbastanza le persone anziane. Eppure hanno tanto da raccontarci". Così esordisce l’autrice del libro dal titolo “Adelaide, i racconti di una bambina”, Marina Riva, 64 anni, ex farmacista ora in pensione, che ha raccolto i ricordi dell’infanzia di Adelaide Faccendini, 87 anni appena compiuti, di Nuova Olonio, frazione di Dubino, con origini verceiesi. È proprio nel territorio fra Dubino e Verceia, all’imbocco della Valchiavenna, e sugli alpeggi sovrastanti il paese, che si svolsero gli avvenimenti, che Adelaide racconta in questa raccolta di ricordi legati alla vita contadina e famigliare nel periodo bellico. Fascisti, nazisti, partigiani e semplici delinquenti, la bambina Adelaide non capiva da quale parte stessero i buoni e i cattivi. L’assassinio di uno zio e l’eccidio di Verceia, avvenuto nei primi giorni di maggio del 1945, a guerra oramai finita (furono uccisi dai partigiani 10 giovani fascisti), rivivono nelle parole di Adelaide, che ha conservato nitidi i ricordi di un periodo caratterizzato da miserie e paure.

«Io e mia sorella stavamo zappando il campo coltivato e abbiamo sentito le campane suonare a tutto spiano. Suonavano a festa per la Liberazione, era terminata la guerra. Ma purtroppo non era ancora finita". Così racconta Adelaide, riferendosi a quest’ultimo episodio. Ella vide con i propri occhi di bambina di soli dieci anni i corpi riversi sul carro con destinazione il cimitero di Nuova Olonio. "Un giovane era in fin di vita e chiedeva dell’acqua, ma fu impietosamente finito con un colpo di pistola". Nei racconti di Adelaide, molti dei quali trascritti in prima persona, sono concentrate le emozioni infantili delle piccole cose e traspare l’inspiegabile consapevolezza dei bambini, che hanno vissuto in quel periodo, di fronte alla morte, alla sofferenza e alla perfidia umana. I momenti legati alla scuola, all’ospitalità famigliare e alla vita di tutti i giorni sono più leggeri e riescono a coinvolgere nell’atmosfera dello scorrere della normale quotidianità famigliare e di paese.

«Nella nostra casa ospitavamo nel fienile viandanti e ambulanti, come tre donne, che venivano dal Veneto con un carroccio sul quale trasportavano merce varia, spingendosi per la vendita fino a Madesimo. Passavano da casa nostra, dove erano ospiti per qualche giorno, anche il merciaio, l’imbianchino, il cadregatt e l’arrotino…". Grande è la famiglia di Adelaide, che sottolinea come il cognome Faccendini abbia subito nel corso degli anni, a causa di errori di trascrizione, il cambiamento nel più comune Fascendini e Facendini per la discendenza, che emigrò all’inizio del secolo scorso negli Stati Uniti. Il ricavato della vendita del libro, acquistabile anche nelle edicole e librerie, è a sostegno della Fondazione per la Ricerca sulla fibrosi cistica (Delegazione di Chiavenna), in ricordo di Daniela Copes.