ROBECCHETTO (Milano)
La storica cascina del Guado, in riva al Naviglio Grande e immersa nel verde del Parco del Ticino, si arricchisce di uno spazio interamente dedicato al suo fondatore, Daniele Oppi. Si tratta di una piccola sala ristrutturata, in un angolo al primo piano del vecchio e affascinante fienile, dove il figlio di Daniele, Francesco, ha voluto rendere un affettuoso omaggio alla lungimiranza del padre, che all’inizio degli anni Settanta trasformò questo luogo remoto da Milano in un fertile circolo letterario e artistico. Nella sala, con un bell’affaccio sul Naviglio e sulla campagna circostante, immersa in un silenzio che rende ancora più magica l’atmosfera, Francesco Oppi ha riunito i quadri, i libri, i manoscritti, persino i pennelli appartenuti al padre.
Il Guado è stato negli anni Settanta e Ottanta una delle “comuni“ aperte a intellettuali e artisti più eterogenee del Milanese. Qui Battisti compose “Acqua azzurra, acqua chiara“ ispirato dallo scorrere del Naviglio, e Mogol (anch’egli ospite) lavorò per tre mesi in un bar della vicina Malvaglio. E il bello è che non fu un’esperienza effimera legata a un’epoca circoscritta. La cascina e le sue sperimentazioni hanno saputo aggiornarsi e rigenerarsi nei decenni successivi, anche col venir meno nel 2006 di Daniele. Questo grazie a Francesco, che ha preso in mano le redini lasciate dal genitore e, assieme alla madre, è riuscito ad adattarla alle correnti artistiche e letterarie attuali. Senza però far venire mai meno quello spirito eccentrico, e gioioso, che ancora si respira e che permeò il Guado in un decennio in cui l’Italia era stretta nella tenaglia del terrorismo nero e delle Br.
"Daniele è stato padre e maestro – dice Francesco – e anche col nostro impegno non sarà dimenticato". Nel nome di quella sperimentazione che è "l’indispensabile valore di riscatto e vero enzima per il miglioramento del livello culturale della società nel suo complesso".