
Montagne, alpeggi, animali lasciati pascolare liberamente sui prati ad alta quota. L’immagine, bucolica, richiama "Heidi", il capolavoro di Johanna Spyri, ma com’è davvero la vita quotidiana dei pastori? "Organizziamo delle giornate in alpeggio per mostrare come si svolge il lavoro quassù, si accudiscono gli animali e produce il formaggio – afferma Ida Nani, dell’azienda agricola "Pizzo Scalino", assessore del Comune di Lanzada e in Comunità montana – purtroppo, quest’anno, causa Covid, non abbiamo potuto svolgerle. Speriamo nel futuro".
Gli animali di Ida Nani e della sua famiglia pascolano negli alpeggi di Mosella e Campagneda. "La strada è fondamentale per la vita e le attività dei pastori – prosegue Nani – permette lo sviluppo dell’economia e del territorio. Bisogna avere attenzione e rispetto per le esigenze di chi lavora sulla montagna e contribuisce alla manutenzione del territorio". "La strada è indubbiamente una gran comodità" afferma Guido Rossi che alleva sei capi da latte e due vitelli esclusivamente per soddisfare il proprio fabbisogno familiare. L’alpeggio in cui Rossi pascola i suoi animali si trova in Val Poschiavina ed è raggiungibile attraverso una strada agro-silvo-pastorale. "Sono contento della vita che conduco – prosegue con un largo sorriso – non ho giorni liberi, ma sono felice. Bisogna avere questo mestiere nel sangue" conclude. E per gli alpeggi che non possono essere raggiunti comodamente tramite una strada? "Ad inizio stagione si effettuano 1-2 rifornimenti con l’elicottero con cui trasportiamo i carichi più pesanti, come le bombole del gas e la legna – dice Stefano Rossi, che pascola i propri animali a Felleria – poi tutto a spalla o con l’asino 2-3 volte la settimana: portiamo a valle i formaggi prodotti, ma, allo stesso tempo, ci riforniamo di quanto abbiamo bisogno. Per fortuna c’è sempre qualcuno che sale". Oltre alle difficoltà dei rifornimenti, anche i ritmi quotidiani sono intensi: "Ci alziamo alle 5 per mungere gli animali – prosegue Rossi – intorno alle 8-8,30 prepariamo il formaggio. Poi lavoriamo anche nel pomeriggio e la giornata finisce alle 21". Nel frattempo c’è un grande afflusso di turisti ed escursionisti che si recano al vicino ghiacciaio o ai rifugi: "L’unico lato negativo è quando i padroni dei cani li lasciano liberi vicino agli animali – rivela Rossi – spaventano le bestie, specialmente le capre, che scappano ovunque". Anche Stefano Rossi è soddisfatto della propria attività: "Siamo io, il papà e la mamma e anche i nipoti danno una mano, soprattutto con le capre. Abbiamo ricevuto un grande aiuto dal Comune per quanto riguarda la ristrutturazione – prosegue, indicando le varie baitine che compongono l’alpeggio – Prima gli edifici erano tutti abbandonati, grazie agli incentivi e sovvenzionamenti abbiamo potuto ristrutturarli". Sono notevoli le difficoltà per quanto riguarda gli approvvigionamenti anche all’Alpe Gembrè. Un tempo gli escursionisti di passaggio venivano accolti dalla mitica signora Eulalia. Adesso, ad occuparsi della lavorazione del latte e della produzione casearia c’è la figlia, Paola Gianoli. Su, all’alpeggio, l’aiuta con gli animali e le varie incombenze il fratello Graziano. Gli altri fratelli e sorelle invece, contribuiscono svolgendo diverse mansioni. Paola produce il formaggio utilizzando le antiche tecniche di lavorazione.
Anche il burro è prodotto interamente a mano, nella zangola: "Ci vuole pazienza, pazienza e tanta passione – afferma decisa Paola Gianoli – è una “catena“ che ho ereditato dalla bisnonna. Un mestiere che è nel sangue". Mentre parla, Gianoli non sta con le mani in mano: mostra il locale dove il latte, una volta munto e posto in un largo recipiente di rame è raffreddato da gelida acqua corrente: "Bisogna aspettare che affiori la panna – spiega Gianoli – poi, aiutandosi con una ciotola e con un movimento deciso, ma delicato, si raccoglie la panna che utilizzo per fare il burro". Il burro viene prodotto in un altro locale. Paola Gianoli pone la panna nella zangola e, con ambo le mani, spinge su e giù un bastone creando la sua magia: "È tutta una questione di ritmo – spiega – deve essere uniforme. Il burro si ottiene dopo una ventina circa di minuti". Dopo Paola, con amore, illustra la lavorazione dei vari formaggi. Anche per lei, l’unico lato negativo è dato dalla mancanza di una comoda strada agro-silvo-pastorale: "Portiamo i formaggi a valle in spalla e anche i viveri sono portati per il sentiero che, in alcuni punti, è estremamente ripido. Bisognerebbe trovare una soluzione alternativa. Così siamo davvero svantaggiati" conclude.
Valentina Parmigiani