Sottolinea una "totale adeguatezza delle forze e dei mezzi impiegati" la nota stampa con cui l’Ufficio del prefetto di Sondrio, Salvatore Pasquariello, diffonde l’esito della valutazione complessiva sulle operazioni di ricerca che hanno portato dieci giorni fa al ritrovamento del cadavere di Ben Daoud Hafsa, la quindicenne marocchina inghiottita dalle acque sondriesi dell’Adda lo scorso 1° settembre.
Per giorni suo padre Ahmed, operaio in una falegnameria valtellinese, l’aveva cercata, tuffandosi ogni giorno tra quelle onde limacciose, nel punto esatto in cui, stando alla ricostruzione dei fatti, la ragazza si era avvicinata il giorno della scomparsa per trovare refrigerio all’afa persistente.
Il suo corpo veniva però ritrovato solo alcune settimane dopo grazie all’avvistamento di una coppia di pescatori.
Un tempo lunghissimo, dovuto "all’ostilità dall’ambiente fluviale" come appunto sottolinea l’esame conclusivo messo a punto ieri in Prefettura, alla presenza, oltre che del prefetto, del procuratore della Repubblica del Tribunale di Sondrio, del questore, del comandante dei Carabinieri forestali e dei rappresentanti provinciali di tutti gli altri coordinamenti che hanno preso parte alle ricerche conclusesi con il triste epilogo del 21 settembre. Un sorriso spentosi troppo presto. La ragazza studiava al Centro di formazione professionale.
Emmanuela Tubelli