SARA BALDINI
Cronaca

Rutkiewicz, la migliore: "Scontò il maschilismo"

Alla proiezione del film dedicato alla più grande alpinista di tutti i tempi il dibattito sul ruolo delle donne: "Ma al Cai di Sondrio ci distinguiamo".

Wanda Rutkiewicz davanti al K2

Wanda Rutkiewicz davanti al K2

"Sono certa che se a non centrare l’impresa fossero stati degli uomini, nessuno si sarebbe mai permesso di commentare in modo tanto becero". Il riferimento è alla spedizione in rosa - quattro alpiniste italiane, quattro pakistane - organizzata dal Cai in occasione del 70° della conquista del K2 e nessuno potrebbe dare torto a Marusca Piatta, consigliere del Comitato centrale di indirizzo e controllo del Cai, intervenuta al termine della proiezione de “L’ultima spedizione“ di Eliza Kubarska, proposta in contemporanea all’uscita italiana quale primo appuntamento della tradizionale rassegna “La sfinge alpina“ organizzata dal Cai di Sondrio e dalla Fondazione Luigi Bombardieri al cinema Excelsior. Sebbene le alpiniste siano sempre più numerose, una certa frangia di colleghi seguitano a considerarle inferiori e di fronte a imprese di livello l’atteggiamento rimane tiepido.

Così accade, così accadeva a Wanda Rutkiewicz, la prima europea a scalare l’Everest e la prima alpinista sul K2. Il film della grande documentarista polacca ne ripercorre la storia fino alla scomparsa nel 1992 sul Kangchenjunga in quella che fu, appunto, l’ultima spedizione, quella che le impedì di coronare il sogno di conquistare tutti e quattordici gli ottomila. Un film molto coinvolgente anche perché, non essendo stato ritrovato il suo corpo, all’ipotesi della morte sulla vetta si aggiunsero varie ipotesi - tra cui quella che l’alpinista si fosse ritirata in un monastero tibetano - che la regista ricostruisce lungo due binari: l’indagine al giorno d’oggi e le immagini della protagonista durante le sue imprese. "Wanda Rutkiewicz fu un’alpinista fortissima e determinata – ha sottolineato Angelo Schena, presidente della Fondazione Bombardieri – che tuttavia dovette fare i conti con un ambiente maschile e maschilista, anzi, per dirla con Messner “machista“ e pieno di pregiudizi". Un ambiente nel quale, ha aggiunto Marusca Piatta, "purtroppo ancora oggi, nel Cai e nell’alpinismo in generale, vi sono ancora ostacoli da rimuovere perché alle donne siano riconosciuti i giusti meriti".

Ad ammetterlo anche Schena, che tuttavia ha voluto rimarcare come almeno la sezione valtellinese del Cai si distingua in positivo. "In consiglio abbiamo 7 donne e 6 uomini, Marusca Piatta è consigliere centrale, Lucia Foppoli è nel Collegio nazionale dei probiviri e spero che in futuro le donne possano avere lo spazio che meritano. Possiamo parlare di forza fisica differente, se vogliamo, questo è un dato di fatto, ma di fronte alle montagne siamo tutti uguali".