REDAZIONE SONDRIO

Sagliani, il narratore di antichi mestieri malenchi

Il documentarista ha vinto numerosi premi dedicati alla montagna. Nei suoi filmati ha immortalato personaggi indimenticabili della comunità.

Ermanno Sagliani, classe 1939, una guerra ed una epidemia di Coronavirus alle spalle, e tanta voglia di vivere e amare la sua valle: la Valmalenco. Lo incontriamo per una chiacchierata amichevole, di quelle che ti riportano indietro negli anni, in una Italia che non c’è più. Assieme a lui c’è Giorgio Nana, altra memoria storica della Valle.

Il racconto affonda le sue radici nel tempo e precisamente nel gennaio del ’39 quando Sagliani nasceva. La sua famiglia da Milano, si trasferiva a Torre Santa Maria. Qui il piccolo Ermanno cresceva fino all’età di sei anni e maturava un profondo amore per la valle e i suoi abitanti, età in cui, fece ritorno a Milano. Tuttavia il suo cuore continuava a battere per la Valmalenco. Sagliani ha viaggiato moltissimo, recandosi anche in Stati che adesso sono scomparsi dalla cartina geografica. Testimone di guerre e conflitti, di regni che non esistono più, di antichi usi e costumi, il suo sguardo ha immortalato un’epoca. Personalità eclettica e dai mille interessi: architettura, urbanistica, giornalismo, scrittura, ma la vera passione rimaneva il cinema. "Andavo spesso al cinematografo – dice Sagliani – un tempo con 100 lire si poteva assistere a due filmati". Intorno agli anni ’70, intuendo che il progresso economico avrebbe travolto e cancellato i lavori tradizionali e che il mondo stesse cambiando, si prodigò per girare dei filmati con malenchi intenti a svolgere le loro attività artigianali affinché se ne preservasse la memoria. Così sono stati salvati dall’oblio il magnan di Lanzada, Giacomo Nana detto "Pianta", intento a stagnare pentole, il "laveggiaio" della Valbrutta Guido Giordani, soprannominato "Migola", Gemma "dei pedù", i "gerlat" di Torre Cristini e Zarri.

"Mi ricordo di ognuno di loro – rammenta Sagliani – Giacomo era un artista nato. Filmarlo è stato un piacere. Mentre lavorava parlava e cantava. Era un attore nel suo mestiere. Aveva le mani d’oro: riparava e stagnava pentole, cucchiai, utensili da cucina e tornavano come nuovi. Nessuno si accorgeva della riparazione. Per quanto riguarda il laveggiaio – continua Sagliani – era un vero e proprio mago della pietra. Fu l’ultimo ad utilizzare il tornio ad acqua, tornio che adesso è conservato in un museo in Svizzera. Lui invece era molto schivo e riservato: dovetti filmarlo da lontano, ricorrendo al teleobiettivo. L’unico rammarico è che gran parte di questa tradizione stia morendo o sia già morta". I suoi film hanno vinto numerosi premi. Uno dei suoi film è stato trasmesso alla biblioteca di Lanzada prima del Covid. Sempre sua, una delle prime guide turistiche della Valle. Valentina Parmigiani