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Deborah Compagnoni nel Gigante d’oro di Nagano ’98 dove vinse pure l’argento in Slalom speciale
Se dici Olimpiadi invernali non puoi non pensare a sua maestà Deborah Compagnoni, la sciatrice italiana più vincente di tutti i tempi a livello olimpico che, insieme ad Alberto Tomba, ha caratterizzato un’epoca. E immaginiamo cosa avrebbe potuto vincere se non avesse subito una serie impressionante di infortuni gravissimi. Ancora oggi, ad oltre 30 anni dal suo primo oro olimpico, Deborah Compagnoni è considerata (giustamente) un mito dello sci italiano e mondiale ed è stimatissima, grazie anche al suo carattere in cui sensibilità, disponibilità e educazione non sono di certo un optional. Se c’è un’atleta che incarna lo spirito olimpico questa è Deborah Compagnoni. Valtellinese di Santa Caterina Valfurva, Deborah, classe 1970, debuttò alle Olimpiadi ad Albertville nel 1992. E fu oro.
Deborah, ci parli di quel debutto olimpico e delle altre esperienze a cinque cerchi...
“Ero arrivata ad Albertville dopo una bella stagione, con una vittoria in Coppa del Mondo e con tanti piazzamenti sul podio. Non c’erano troppe aspettative, la pressione te la mettono gli altri quando hanno aspettative su di te. Ero giovane, ad Albertville non volevo nemmeno andarci, poi mi hanno convinta… (per fortuna, ndr) ed è arrivato l’oro nel SuperG. Incredibile”.
Il giorno dopo quel trionfo, però, lo choc: in gigante il ginocchio ha fatto crac.
“Eh sì, fu un brutto infortunio”.
Ma lei è ripartita e ai Gochi di Lillehammer vinse l’oro da portabandiera.
“Furono organizzate solo due anni dopo Albertville, io ci arrivai dopo l’infortunio al ginocchio e dopo una buona stagione, ma con maggiore consapevolezza. E riuscii a vincere l’oro in Gigante, mentre in SuperG sono andata male. Di Lillehammer mi ricordo la magnifica atmosfera, furono le ultime Olimpiadi ’vere’ e sostenibili, in un ambiente bellissimo, rispettoso della natura, con tifosi che tifavano per tutti, in nome dello sport”.
Ci racconti un episodio curioso, che faccia capire l’atmosfera.
“Un giorno, con una mia compagna di squadra, ho preso il bus per andare a vedere una partita di hockey e sa chi è salito insieme a noi? Il principe di Norvegia, tranquillamente, sul pullman insieme a tutti. Cosa inimmaginabile oggi... sono cambiati i tempi”.
Poi c’è stata l’Olimpiade di Nagano nel 1998, con l’oro in Gigante e l’argento in Slalom (a soli 6 centesimi da Hilde Gerg). Qual è stata la vittoria che le è più rimasta nel cuore?
“Ogni medaglia, ogni vittoria, ha un sapore speciale, una sua storia. L’oro di Albertville è stato inaspettato, la vittoria di Lillehammer è stata quella della consapevolezza mentre il trionfo di Nagano è stato quello della maturità. Di tutte ho bellissimi ricordi, ma quella di Lillehammer, per l’atmosfera olimpica veramente speciale, mi ha lasciato qualcosa di unico”.
Da bambina sognava l’oro olimpico?
“Da piccolissima per me non c’erano tante differenze tra Olimpiadi e Mondiali. Quando sono cresciuta un po’ era importante vincere ed entrare in Nazionale, ma nasceva anche il sogno olimpico che per me non è mai stato un’ossessione”.
Quelle vittorie hanno qualcosa di speciale?
“Sì, dopo tanti anni ho capito il reale valore di una vittoria olimpica, perché resta nella memoria di tutti, anche di chi non si occupa o non si interessa di sport. I miei sostenitori si ricordano ancora di quelle vittorie, me lo dicono spesso, le vittorie olimpiche restano impresse. È la manifestazione sportiva più importante di tutte”.
Le Olimpiadi invernali sbarcheranno in Italia tra un anno, cosa dobbiamo aspettarci dai Giochi di Milano-Cortina?
“Sarà bellissimo: gareggiare in casa è sempre speciale, il tifo sarà incredibile. La pressione? Dipende, alcuni atleti la subiscono, ad altri invece fa bene. L’importante è trovare un giusto equilibrio. A livello femminile siamo la squadra più forte, possiamo vincere in tutte le specialità eccezion fatta per lo slalom dove stiamo faticando. Sono certa che arriveremo al top con le ’big’, e ci sono nche alcune giovani che spingono dalle retovie. E speriamo di ottenere risultati anche nel maschile”.