"Il museo deve trasformarsi da palazzo in piazza". È questo lo spirito con cui Stefano Karadjov, direttore della Fondazione Brescia Musei, racconta a Il Giorno l’anno magico per Brescia Capitale della Cultura Italiana. Per Karadjov la nomina è un traguardo grandioso che rappresenta solo l’inizio di un altro anno ricco di proposte e iniziative culturali. Per il direttore è importante far comprendere che "non ci deve essere qualcuno che ti invita in un museo. Meglio dimenticare il numero delle volte in cui si è andati a vedere una bella mostra".
Un anno magico per i musei civici di Brescia. Qual è stato il segreto del successo?
"È stato un anno eccezionale perché ci ha insegnato un nuovo metodo di lavoro. Per la Fondazione è stato un punto di arrivo, ma anche un punto di partenza".
Quali sono le mostre che hanno avuto maggiore impatto?
"Siamo molto orgogliosi della trilogia dedicata a Massimo Cerruti, che è stata esposta perfino al Getty Center di Los Angeles. Un risultato emblematico e importante".
Cosa rimane di questo anno magico?
"C’è stata una grande visibilità e si è compreso che Brescia ha tutte le carte in regola per diventare una città culturale di spicco, sempre. Il fatto che alla fine dell’anno della capitale della cultura abbiamo concluso un accordo con l’architetto David Chipperfield per la rifunzionalizzazione del Teatro Romano rappresenta la nostra eredità più significativa. Un nuovo punto di partenza".
Qual è il ruolo sociale di un museo oggi?
"I musei sono luoghi di partecipazione. Oltre a essere centri di conservazione, promozione e valorizzazione, sono punti di incontro e aggregazione sociale. Nei contesti comunitari, i musei promuovono la riscoperta dell’identità territoriale e favoriscono l’inclusione attraverso il loro ruolo educativo".
Non c’è dunque solo l’apprendimento della storia dell’arte.
"No, c’è anche l’apprendimento del senso di cittadinanza. I musei che hanno una vocazione identitaria, come i musei civici, sono fondamentali per le città. Sono i luoghi più rappresentativi di una comunità, soprattutto perché oggi viviamo in un momento in cui prevale una spersonalizzazione legata alla globalizzazione dell’informazione. I musei sono importantissimi perché rappresentano quel radicamento agli oggetti ereditati e selezionati dalle generazioni precedenti. Questi oggetti incarnano la memoria del passato. Sono simboli eterni".
Nel 2023 avete iniziato a garantire l’apertura gratuita ai residenti.
"Sono convinto che questa tendenza continuerà anche in futuro perché i musei non devono
essere luoghi elitari. È importante incentivare i cittadini ad aprire le porte dei nostri spazi. Abbiamo organizzato corsi e seminari dedicati al settore museale, curati dal professor Pierluigi Sacco".
Il 17 febbraio torna il progetto “La Bellezza che Cura“. Di cosa si tratta?
"È provato scientificamente che l’arte riduce i livelli di stress, e da qui nasce il nostro progetto in collaborazione con la Zadei Clinic, che coinvolge il professor Paolo Gei, ex primario di Cardiologia. Una proposta culturale dedicata a specifiche fasce di pubblico con fragilità, chiamata “La bellezza che cura: visite guidate a Brixia. Parco archeologico di Brescia romana“ destinata a pazienti cronici, oncologi e fragili".
Ci può dare qualche anticipazione per il 2024?
"Stiamo lavorando in particolare sulla grande monografica del fotografo italiano Franco Fontana, che quest’anno ha compiuto 90 anni. Saranno esposte 122 opere in grande formato. L’esposizione aprirà al pubblico l’8 marzo e rappresenterà la grande proposta del
Fotofestival. Inaugurerà lo stesso giorno l’inedita mostra di Maurizio Galimberti dedicata alla strage di Piazza della Loggia, lavoro potente realizzato con le sue polaroid. Entrambe le mostre si svolgeranno al museo di Santa Giulia. In autunno ci sarà invece una mostra dedicata al grande Rinascimento bresciano. Il pubblico potrà ammirare opere dei pittori Romanino, Savoldo e Moretto. La mostra è intitolata “Rinascimento inquieto“". Giorgia Petani