In principio, quando nessuno ci credeva, fu la Fondazione Prada a svoltare un quartiere dimenticato e violento. Era difficile capitarci per caso perché laggiù, oltre piazzale Lodi, c’era solo qualche ufficio acceso di giorno e la notte diventava terra di nessuno e luogo senza anima. Poco più che un incrocio in cui ci si fermava giusto al semaforo in attesa che scattasse il verde per poi allontanarsi velocemente. Nessuno ci pensava allora, non era nemmeno nell’archivio dei quartieri in gentrificazione e in quelli prediletti dalla moda.
Eppure il seme dell’arte è sbocciato proprio lì, una rivoluzione silenziosa che ha contagiato il quartiere, nata dall’idea di Miuccia Prada, stilista la cui storia è arcinota. La Fondazione Prada è stata voluta da Prada, ma è un’opera strutturale pensata e disegnata dell’architetto visionario olandese Rem Koolhaas.
"Il progetto della Fondazione Prada non è un’opera di conservazione e nemmeno l’ideazione di una nuova architettura. Sono due dimensioni che coesistono, pur rimanendo distinte, e si confrontano reciprocamente in un processo di continua interazione". Con queste parole Koolhaas, nel 2015, raccontava il suo progetto di recupero e trasformazione di una distilleria risalente ai primi del Novecento, in Largo Isarco, a cui si è aggiunta la costruzione di "Torre", un edificio in cemento bianco alto 60 metri.
Una stele molto struttrata diventata il simbolo della Fondazione all’interno del panorama urbano di Milano. "Torre" include 9 piani, 6 dei quali ospitano sale espositive per una superficie totale di più di 2mila metri quadrati, c’è poi un ristorante. All’ultimo piano 160 metri di terrazzo offrono una visione privilegiata sulla città e presto, anche sulla cittadella delle Olimpiadi. I grandi spazi espositivi sono pensati per ospitare le grandi opere e le grandi installazioni della Collezione permanete, come i fiori di Jeff Koons, o le creazioni di artisti internazionali come Damien Hirst o artisti sperimentali. L’edificio è un’alternanza di volumi. "Ogni piano è più alto di quello inferiore - spiega l’architetto Koolhaas -, le piante rettangolari si intervallano ad altre trapezoidali, l’orientamento degli ambienti si configura alternativamente come una vista panoramica sulla città verso nord, oppure in prospettive più mirate in direzioni opposte, sul lato est o ovest". E ancora: "Le facciate esterne sono caratterizzate da una successione di superfici di vetro e di cemento, che attribuiscono ai diversi piani un’esposizione alla luce sul lato nord, est o ovest, mentre l’ultima galleria espositiva ha una luce zenitale". Questa struttura dialogherà con la città. Quando fu realizzata l’architetto e la proprietà avevano già spiegato che cosa sarebbe diventato quel luogo magico:
"Se per ora il quartiere in cui sorge la fondazione resta periferico, tra Lodi e Corvetto, è in previsione il recupero dello scalo ferroviario di Porta Romana. Sarà questa ricucitura urbanistica che permetterà alla Fondazione Prada di diventare estremamente più centrale. E di portare, per un effetto domino, una gentrificazione dell’area".
Una prospettiva molto positiva e molto interessante - sostengono i critici - per quello che è già uno dei compound culturali più significativi del mondo.
E le previsioni non sono state disattese perché è proprio con la Fondazione Prada che il quartiere ha preso il volo.
Anna Giorgi