Il Piccolo Cottolengo è al fianco dei più deboli

Carità / La struttura aiuta trecento persone tra anziani, malati e disabili con donazioni e lasciti dei più generosi

Al lavoro una squadra di medici, infermieri,  educatori e animatori

Al lavoro una squadra di medici, infermieri, educatori e animatori

Una grande famiglia, dove si vive allegramente. È questa l’immagine che Don Luigi Orione ha sempre restituito a coloro che nella sua opera hanno creduto, parlando del Piccolo Cottolengo Milanese. E dopo 91 anni, la missione è la stessa: «Dobbiamo fare in modo che queste persone che vivono qui al Piccolo Cottolengo di Don Orione si sentano di essere a casa loro, in una famiglia. E che la sofferenza che noi vediamo, negli anziani, nei malati e nei disabili che assistiamo, non abbia l'ultima parola. L'ultima parola ce l'hanno invece l'affetto, l'amore, la cordialità, il servizio – ha raccontato l’attuale direttore della struttura, Don Pierangelo Ondei –. Per il nostro grande fondatore, vivere e lavorare qui significa mettersi al servizio degli ospiti come fossero dei padroni. Non dal punto di vista economico, ma di chi sa che il servizio è un segno inequivocabile di amore». Un amore incondizionato che oggi si riversa su circa 300 assistiti, tra chi è malato e chi ha una disabilità (congenita o acquisita). Questi ultimi, in particolare, sono divisi in cinque nuclei, mentre recentemente sono stati predisposti tre nuclei anche per gli anziani che lottano contro l’Alzheimer. «Come istituto portiamo avanti il servizio a questo mondo della fragilità. E lo facciamo come un tempo, sempre avendo molta fiducia nella Divina Provvidenza». Esattamente come Don Orione disse nel 1933 al cardinale Ildefonso Schuster, che si trovava impossibilitato ad offrire supporto economico per la fondazione del Piccolo Cottolengo Milanese: «A me basta la benedizione di Vostra Eminenza, al resto penserà la Divina Provvidenza». La prima indimenticabile benefattrice fu infatti Ernestina Castelli Larrea, che aveva conosciuto il santo nelle sue opere di carità in Argentina. «Orione aveva un cuore immenso, e voleva arrivare alle sofferenze di tutti gli uomini. Oggi – ha proseguito Don Pierangelo Ondei – continuiamo la sua opera con 320 operatori, tra medici, infermieri, fisioterapisti, animatori, educatori, che credono nei nostri valori, e ci affidiamo ancora alle donazioni, da chi mette ciò che può fino a chi sceglie di affidarci un prezioso lascito. Così andiamo avanti nel nostro intento di offrire le migliori condizioni di vita possibili a seconda delle esigenze di ognuna delle persone che è con noi, regalando loro serenità anche nei pellegrinaggi che organizziamo, nelle brevi vacanze o nelle uscite sul territorio».