La protesta degli allevatori. Niente bestiame alla Fiera

Dopo 182 anni una rassegna monca e segnata da difficoltà e polemiche "L’assenza non ci può fermare, si va avanti anche senza cerimonie ufficiali".

La protesta degli allevatori. Niente bestiame alla Fiera

Il più importante appuntamento zootecnico del Milanese e uno dei maggiori in Padania verrà a mancare, dopo 182 anni. E non certo per una disfunzione organizzativa: si tratta di una decisione presa da agricoltori ed allevatori a livello di organizzazioni, con la solidarietà dei gruppi consiliari. La crisi agricola dunque provoca una nuova forma di protesta, dopo quella clamorosa di Milano. Gli allevatori avevano proposto che quanto meno il bestiame venisse esposto, per un confronto dei risultati raggiunti da ciascuna azienda, confronto tanto più necessario considerando che su 7mila aziende del Milanese solo 230 hanno bestiame iscritto ai libri genealogici, ma è finita per prevalere la tesi del "no".

Quindi niente mostre mercato, niente asta dei riproduttori, niente concorsi. Ora però gli agricoltori vengono a trovarsi anche loro al centro della polemica. Perché i commercianti hanno male accolto la loro presa di posizione. Il segretario mandamentale dell’Associazione, Di Bello, lamenta che i commercianti siano stati messi davanti ai fatto compiuto. "Comunque — dice — la fiera non può essere condizionata dal solo settore agricolo. Le altre categorie possono allargare l’interesse della manifestazione che per molti rappresenta un’occasione non rinunciabile". Il sindaco Gianni Ferrari, presidente del comitato fiera, non è d’accordo sui modi della protesta. "L’assenteismo degli allevatori non può produrre certo gli effetti auspicati, mentre provoca un danno a tutta la comunità, i padiglioni comunque saranno aperti a quanti, 20 e 21 novembre, vorranno portarvi il bestiame e terremo regolarmente la rassegna delle macchine e delle attrezzature agricole. Niente cerimonie ufficiali ma la fiera deve andare avanti. Già la facciamo spostare verso altri interessi, anche di tipo culturale. L’anno prossimo poi vedremo... ". Gli addetti ai lavori lo sanno bene: per gli altri ricordiamo, per dare un’idea dell’importanza della fiera in campo zootecnico, che l’anno scorso erano presenti 462 allevatori, con 1.200 capi da libro genealogico. La tradizionale asta ha prodotto un volume d’affari di quasi 35 milioni, con la "punta" degli 11 milioni per Roybrook Victory, toro canadese di 17 mesi. Sul mercato libero, contrattazioni sui 90 milioni. Nei padiglioni, circa 20.000 visitatori. Ma era l’anno scorso, dicono gli allevatori, ora c’è la crisi. Durissima. Ad ogni modo i temi più drammatici del momento agricolo saranno discussi in un covegno (21 novembre) aperto a tutte le forze del settore e verrà esaminata l’eventualità di realizzare il 29 marzo le iniziative zootecniche ora sospese. Sullo stop zootecnico ala fiera, ecco alcuni pareri.

Pier Rinaldo Cerri, presidente provinciale del Libro Genealogico Bovini. Azienda Alce a Melegnanello (400 capi).

"È ingiusto credere che gli allevatori abbiano rinunciato a cuor leggero alla fiera di Codogno. Per molti di noi questo assenteismo significa dispersione di tutto il lavoro di un anno. In fiera ho sempre portato una media di 15 capi. A livello di organizzazione sindacale accetto la protesta nella fiducia di accellerare i tempi verso la soluzione dei nostri problemi. Non vogliamo però dimenticare l’importanza della fiera alla quale si indirizzano anche interessi esteri. D’altro canto se la situazione attuale non si risolve tutto l’apparato zootecnico è destinato a cadere secondo tempi più o meno lunghi".

Giuseppe Danesi, coltivatore, cascina Quarta Seconda di Codogno (27 ettari, 50 capi).

"Come tanti altri sto lavorando ormai in perdita, perché questa purtroppo è la situazione nelle campagne. Il prezzo del latte, ormai tutti lo sanno, non riesce a compensare nemmeno i puri e semplici costi della mano d’opera. Le strutture di questa azienda agricola sono identiche a quelle di una trentina d’anni fa. Sotto i porticati ho predisposto il ricovero per il bestiame giovane. Mi sono dovuto porre una scadenza precisa: tempo ancora un paio di mesi e poi sarò costretto a vendere tutto, passando alle colture dei campi. Se andrà male anche là, mi cercherò lavoro altrove. La fiera quest’anno non avrebbe saputo darmi nulla: non sono in grado di fare acquisti e ritengo giusta la protesta anche se comprendo i sacrifici che comporta".

Pietro Troianello