"Ray Charles? Non è colpa mia se abbiamo la voce uguale". Dopo aver festeggiato il traguardo degli ottant’anni in quel crocevia di sogni, destini e canzoni che è Sanremo, Fausto Leali si prepara a debuttare sotto l’albero con “Il mio Natale”, prima raccolta di brani "che profumano di festa" della sua carriera, senza perdere un briciolo d’ironia. Così, un album storico della discografia di The Genius quale “The Spirit of Christmas” finisce col diventare un po’ il riferimento del progetto con coccarda che l’idolo di Nuvolento confeziona assieme al produttore Luca Chiaravalli spaziando da “Astro del ciel” a “Jingle Bell Rock”, dall’estasi un po’ malinconica dello Zucchero di “Così celeste” alla speranza visionaria del Lennon di “Happy Xmas (War is over)”. Un album "da ascoltare nei supermercati durante le feste", come dice lui, vagheggiato dietro alle finestre imbiancate di neve dell’iconografia classica.
Leali, quella de “Il mio Natale” è una storia che parte lontano, forse dalla doppia raccolta di cover “Non solo blues” incisa a metà degli anni Novanta.
"Sì, anche se in quella circostanza avemmo il coraggio di rifare grandi canzoni americane in italiano. Quando prendi ‘Papa’s got a brand new bag’ di James Brown e la reinterpreti nella nostra lingua, ti accolli una bella responsabilità, qua invece cose come ‘Amazing grace’ o ‘It’s a man’s man’s man’s world – che, davanti a tanti fatti di cronaca, ho scelto anche per rimarcare la difficoltà della condizione femminile – le eseguo in versione originale".
Ad “Astro del ciel” ha cambiato qualche parola.
"L’ha cambiata Zucchero, perché ho ripreso la sua versione. Anche se io cantavo questo genere quando lui faceva ancora le scuole elementari".
C’è pure “Allelujah” di Leonard Cohen, che molti reputano religiosa, mentre in realtà parla di sesso, di amore fisico.
"Ad ingannare è proprio quell’‘Allelujah’, espressione evocativa dietro cui ognuno si fa i suoi viaggi".
Come ha creato il repertorio?
"Discutendone con Chiaravalli anche in base alle esperienze del passato; ‘What a wonderful world’ l’avevo già fatta in tv, così ‘Over the rainbow’ perché il film in cui è contenuta, ‘Il mago di Oz’, l’avrò visto cento volte".
Il Natale è un periodo di ricordi, quali sono i primi tre della sua vita che le vengono in mente?
"Quelli legati alla mia prima formazione, l’Orchestra di Max Corradini, con cui nel fine settimana battevamo a tappeto balere e dancing del Mantovano suonando pomeriggio e sera. A 15 anni non avevo visto il mare, ma un ingaggio stagionale nel dehors di un caffè di Loano mi regalò pure quell’esperienza".
Poi?
"Citerei necessariamente l’avventura di ‘A chi’. Versione italiana dell’americana ‘Hurt’ di Roy Hamilton, ex pugile diventato cantante, per questioni editoriali il testo fu attribuito a Mogol, ma in realtà lo scrisse Piero Braggi, chitarrista di quei Novelty che erano il mio gruppo d’accompagnamento del tempo. Prima quel pezzo la cantavo in inglese, poi, grazie a Piero, in italiano. Una sera al Pipes di Corso Europa, qui a Milano, l’ascoltò Iva Zanicchi moglie al tempo di Antonio Ansoldi, direttore artistico della Ri-Fi, che mi suggerì di registrarla. Così avvenne a marzo del ’66 negli studi della Recording Audio Film di Renato Carosone in via Saffi. ‘A chi’ finì sul nastro di ‘Per un momento ho perso te’, versione italiana della ‘(All of a sudden) My heart sings’ di Paul Anka, che portammo in Rai a Baudo per eseguirla (in playback - ndr) a ‘Settevoci’. Esaurito l’ascolto del pezzo, Pippo s’imbatté per caso nell’attacco di quello successivo e fece di testa sua: andò dai discografici inventandosi che il nastro nella prima parte non si sentiva bene e che per tanto mi avrebbe fatto cantare l’altra canzone. Determinante per il successo di ‘A chi’ era stato però Renzo Arbore che aveva iniziato a programmarla tutti i giorni in radio e, davanti alla marea montante di richieste, aveva chiamato Ansoldi chiedendogli cosa aspettasse a pubblicarla".
Risultato, 6 milioni di copie vendute, in Italia e all’estero. Terzo ricordo?
"L’incontro con Germana. La mia terza moglie. Ci conosciamo da 24 anni, da quando venne a lavorare con me come corista e come solista in duetti tipo ‘Ti lascerò’. Dopo due anni di attività, se ne andò, per tornare un paio di anni dopo. Da allora siamo inseparabili. Anche perché, lavorando assieme, non potrebbe essere diversamente… Così dieci anni fa siamo diventati marito e moglie".
Ad 80 anni ce l’ha un rimpianto?
"Avrei potuto fare meglio all’estero. In Spagna e America Latina con ‘A chi’, ‘Angelitos negros’, ‘Deborah’ divenni famoso e nel ’76, quando pubblicai ‘Yo caminaré’ (‘Io camminerò’, ndr) famosissimo. Purtroppo, di quei Paesi poi mi disinteressai e ci ho messo del tempo a capire cosa ho buttato via".