ELENA CAPILUPI
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Just Say Wine e 4 amiche: "Valorizziamo il granchio blu"

Ilaria Cappuccini ha fondato una start-up di sole donne (e amiche) “Blueat“

Just Say Wine e 4 amiche: "Valorizziamo il granchio blu"

Giovane, appassionata di vino, di cucina e con la voglia di fare del bene all’ambiente. Ilaria Cappuccini, nota sui social come “Just Say Wine“, è la sommelier più seguita su Instagram e parte dei talent di Capital Innova. Dopo essersi laureata alla Cordon Bleu di Firenze e aver completato un Master in Food&Wine Business alla Luiss Business School, ha lavorato al podcast Winesoundtrack. Ad oggi, sui suoi profili social racconta il mondo del vino con passione e una ventata di freschezza, ma non solo. Il viaggio di Ilaria prosegue da dicembre 2021 anche con Blueat, startup tutta al femminile che si impegna a contrastare i danni del granchio blu sugli ecosistemi marini.

Come ha iniziato a lavorare sui social?

"Qualche anno fa, dopo aver frequentato un’accademia culinaria e aver ottenuto un master in

food&wine business, mi sono avvicinata al mondo della gastronomia con il sogno di aprire un

ristorante. La svolta è arrivata quando ho iniziato a lavorare per un produttore di podcast specializzato in vino. Intervistando vari produttori, mi sono resa conto che pochi di loro comunicavano efficacemente sui social. Così ho deciso di aprire il profilo Just.SayWine per dare voce a quei piccoli produttori sconosciuti e creare una comunicazione verticale. Col tempo, ho notato che il settore del vino è ancora poco presente sui social, a differenza di quello della moda o della cucina, che sono pieni di creator. Durante il lockdown, ho fatto un master in digital marketing e, grazie ai consigli del mio professore sui reel di Instagram, ho iniziato a sviluppare il mio profilo, che è cresciuto sempre di più".

Da dove nasce la sua passione per la gastronomia?

"È una passione di famiglia. Ho sempre amato il culto della tavola e dello stare insieme. A casa mia si aspetta sempre che tutti siano rientrati per cenare, e i grandi pranzi della domenica preparati dalla nonna sono un ricordo prezioso".

Ha abbandonato il sogno di aprire un ristorante?

"Assolutamente no. Ancora oggi sogno di avere un ristorante con enoteca per mettere in pratica tutto ciò che ho imparato finora: è però un traguardo che vedo più avanti. Ora mi sto concentrando sulla cura del mio profilo e lo sviluppo della mia startup, mi impegnano a 360°".

Cosa le piace del suo lavoro?

"La soddisfazione che provo quando produttori, grandi e piccoli, mi scelgono per parlare delle loro realtà".

Ha mai incontrato difficoltà in questo campo?

"Sì, soprattutto all’inizio, quando mi confrontavo con professionisti della comunicazione del vino, anche perché ho sempre cercato di comunicare questo mondo in modo “leggero” sui social, coinvolgendo l’enoturismo e la cucina. Essere una giovane donna in questo settore non è semplice, nonostante io sia sommelier. Ma ho subito percepito l’interesse dal pubblico, che apprezza il mio approccio inclusivo e amichevole".

Essere giovane in questo ambito è un vantaggio o no?

"Entrambe le cose. Essere giovane mi permette di usare al meglio strumenti come i reel di Instagram, ma può essere difficile avere credibilità nel settore".

Racconti la sua startup Blueat

"È una pescheria sostenibile composta da cinque donne, grandi amiche. Tutto è nato da Carlotta, biologa marina che in un viaggio di ricerca ha scoperto il problema del granchio blu. Nel 2021 abbiamo deciso di fondare una società benefit per limitare l’impatto di questo crostaceo. È la prima azienda in Italia a trasformare il granchio blu, specie aliena dell’Oceano Atlantico introdotta nei nostri mari dall’uomo: si è adattata al nostro ambiente grazie alla disponibilità di cibo e all’assenza di predatori. Un singolo granchio può deporre da due a otto milioni di uova alla volta, e lo scorso anno ha causato danni per 100 milioni di euro in due mesi. Abbiamo operato nella zona del Delta del Po, dove generazioni di pescatori che da oltre ottant’anni allevavano vongole hanno visto il pescato azzerarsi. Così hanno dovuto convertire l’attività dalla pesca di vongole in pesca del granchio blu. Noi ci siamo impegnate a garantire loro un lavoro sostenibile, evitando che le tonnellate di granchi blu catturati venissero incenerite come incentivato dallo Stato per affrontare la crisi ambientale. Ad oggi trasformiamo il granchio blu in vari prodotti e li commercializziamo, soprattutto all’estero".

Perché in primis all’estero?

"Il mercato statunitense è molto ricettivo verso il granchio blu, considerato specie autoctona e apprezzata, ci espandiamo in Asia. In Italia le persone ne hanno sentito parlare per la prima volta l’anno scorso e si parlava di “specie aliena assassina“: tanti non sanno che è buonissimo".

Com’è lavorare con le sue migliori amiche?

"È fantastico. Siamo competenti nei rispettivi campi e, nonostante qualche litigio, lavoriamo bene. All’inizio è stato difficile ottenere fiducia, ma - dimostrato il nostro valore - ecco il successo. Siamo motivate, pronte a raggiungere nuovi obiettivi".