Enrico Luigi Giudici, classe 1995, è quello che, oggi, può essere definito un esploratore moderno. Appassionato di racconti e fotografia, si dedica da otto anni alla scoperta delle terre del Nord. Dopo la Norvegia, dove ha studiato la cultura e la storia delle Isole Faroe, si è stabilito definitivamente in Islanda nel 2019. Con il suo progetto “Tales from the North“, Enrico si propone di svelare i segreti di paesaggi, storia e culture dell’estremo settentrione, lontano da ogni mitizzazione. Nel suo libro “Oltre il 62° parallelo, Atlante delle Terre Boreali“ (Rizzoli) guida il lettore in un viaggio emozionante attraverso Norvegia, Islanda, Føroyar, fino alle Svalbard e Groenlandia, offrendo un atlante visivo e sentimentale delle sue esperienze. Un racconto che intreccia storie, paesaggi e fotografie, catturando l’identità di queste terre affascinanti.
Come nasce la sua passione per il mondo del Nord?
"Non so bene neanch’io come è nata, ma so che ce l’ho da quando sono bambino. Sicuramente
documentari e libri hanno avuto un forte impatto. Sono cresciuto in un paesino della Valtellina e per me quei mondi lontani erano quasi fantasia. Ho cominciato a dire ai miei genitori: “Da grande voglio andare in Norvegia e in Islanda“. Ma sono cose che rimangono lì, fantasie di un ragazzino che mai e poi mai pensi di poter realizzare. Ma quando ho iniziato a lavorare e a guadagnare i miei primi soldi, invece di fare le solite vacanze, ho deciso di partire per la Norvegia. In quel primo viaggio è stato come scoprire che tutto ciò che avevo sempre cercato nel mondo esisteva davvero. Da allora ho cominciato a viaggiare sempre verso quei luoghi. Lavoravo ancora in Italia, facendo il minimo indispensabile per racimolare abbastanza denaro per ripartire. Molto cicala, poco formica. Nel 2019 mi sono messo a studiare in modo più serio questo tipo di ambiente e paesaggi. Ho fatto i primi tre mesi in Norvegia, da lì è iniziato tutto: vivo in Islanda da 5 anni, sono stato nelle Faroe 28 volte, in Groenlandia 5 e alle Svalbard 6. Parlo islandese, faroe e norvegese".
Di cosa parla il suo libro “Oltre il 62esimo parallelo“?
"Da quando ho cominciato a lavorarci, ho sempre avuto l’idea di dare vita a un libro di fotografie accompagnate da un racconto, specie di romanzo mascherato. Ho preso in affitto una casetta nelle Faroe e appena arrivato mi sono messo a scrivere ciò che mi passava per la mente ripensando a tutto quel che ho vissuto in otto anni. È una guida ma anche di un racconto che fa dell’immagine lo strumento principale per entrare nell’atmosfera. Le foto non sono sulla pagina solo per essere ammirate: fanno da guida al lettore".
C’è un luogo che le è particolarmente entrato nel cuore?
"Tutti i posti in cui sono stato hanno qualcosa di diverso. Torno spesso in Groenlandia, mi piace molto ma non la sento casa. Quando vado alle Svalbard sto molto bene, ci passerei anni, però non tutta la vita. Le isole Faroe sono il posto in cui è iniziato tutto, è stata casa mia per tanto tempo. In Islanda ho invece trovato un posto nel mondo: sono arrivato qui, accolto da una famiglia, da persone che mi hanno voluto bene subito, mi hanno spiegato tutto, fatto sentire a casa. Islanda e Faroe sono due posti del cuore".
Cosa la affascina di questi luoghi e delle popolazioni locali?
"In Italia ma anche nel mondo c’è quest’idea che il Nord Europa sia più o meno tutt’uno, un miscuglio omogeneo di persone che si comportano allo stesso modo. Esiste questo mito del nordico freddo e di un Nord che ha solo natura, ma non è così. Quando viaggi, vedi la Norvegia con le sue montagne, l’Islanda con i suoi vulcani, ma anche le Faroe con le loro scogliere. Io all’inizio andavo lì per la natura e per fare belle foto, poi ho iniziato a parlare con le persone e mi sono accorto che la storia di queste popolazioni è un tesoro tanto inestimabile quanto i paesaggi. Il corpus letterario islandese è uno dei più ricchi al mondo, le Faroe - che sono a 700 km - hanno una storia completamente diversa, non hanno mai scritto nulla ma hanno preservato la loro cultura cantando e danzando".
Cosa faceva prima di trasferirsi in Finlandia?
"Studiavo Beni culturali, poi Antropologia. Sono sempre stato interessato a parlare con le persone, ascoltare le loro storie. Non pensavo che questa sarebbe mai stata la mia vita. Però poi mi sono messo in testa di voler imparare l’islandese. A pensarci sembra quasi impossibile che a 26 anni una persona possa mettersi a studiare questa lingua: o la impari da giovane o non ce la fai più. E invece ci sono riuscito e ho stravolto la mia vita. Ora ho 29 anni, da 5 anni vivo in Islanda e da 7 sono sempre in giro".
Ha studiato anche fotografia?
"No, sono autodidatta. Ho preso la prima macchina fotografica nel 2017 e l’ho usata come pretesto per viaggiare. Ho dovuto fare spesso i conti con persone che mi dicevano: “Chi te lo fa fare?“. La macchina fotografica era un’ottima scusa. Dicevo: “Vado perché voglio fare foto“. Nell’era di Instagram era una cosa più accettabile. Negli anni però la macchina fotografica è diventata mia amica, ora è un’estensione del corpo che uso dove non arriva la parola".
Si è dovuto scontrare con i pregiudizi delle persone?
"Sì. E ci sono ancora tante persone che dicono che sto facendo qualcosa di inutile. Di contro però, arriva anche tantissimo supporto. Qui faccio da guida e nell’ultimo anno penso di aver accompagnato in giro per l’Islanda almeno mille persone con cui resto in contatto: bastano a compensare la sfiducia degli altri. Senza contare gli incontri nei miei viaggi. Quando sono arrivato nelle Faroe e non parlavo la lingua, un anziano del posto mi ha detto: “Quello che tu stai facendo è molto bello perché poche persone si interessano del modo in cui balliamo, delle nostre canzoni“. Mi ha ripagato più di qualsiasi altra cosa".
Come nasce il progetto “Tales of the North“?
"Ho creato due anni fa la pagina Facebook che mi ha aiutato a realizzare tanti progetti, ma prima c’erano blog e Instagram. È nata raccontando quel che vedevo, sembrava piacere. Poi sono arrivate sempre più domande di persone che volevano saperne di più e nemmeno io avevo le risposte che volevano: ho deciso di fare ricerche e dedicarmi di più al racconto oltre che alla fotografia. Gli elfi, i troll, i mostri marini, la gente li vede sulle carte nautiche e si fa un sacco di idee strane, poi magari la verità è tutt’altra. Ho allora voluto raccontare e cercare di far imparare". Visti i risultati, missione compiuta.