DIEGO VINCENTI
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La strada del PimOff. Visioni inedite, cultura e valore della comunità: "Non contano solo le cifre"

La resistenza del teatro di via Selvanesco, sentiero stretto ma vitale "Noi, lontani dall’eventificio di oggi, meno vetrine e più sostanza".

La strada del PimOff. Visioni inedite, cultura e valore della comunità: "Non contano solo le cifre"

La resistenza del teatro di via Selvanesco, sentiero stretto ma vitale "Noi, lontani dall’eventificio di oggi, meno vetrine e più sostanza".

Resistere ai numeri. Alle logiche dei bandi. A una Milano diventata una specie di strambo eventificio. Per proteggere invece i tempi lunghi della ricerca e dell’indagine. La dignità stessa del lavoro. È un’anomalia, il PimOff. Non solo per la cura (la qualità) che si respira nel bellissimo spazio di via Selvanesco. Ma anche per questa visione di politica culturale che da tempo

ne contraddistingue le scelte artistiche, molto più incentrate sulle residenze e lo scambio con il territorio, rispetto ai semplici spettacoli. Che comunque non mancano: da Carullo/Minasi a Francesca Sarteanesi e il suo “Nikita”; dai Menoventi a Oscar De Summa o Giuliano Scarpinato insieme a Cristian Cucco. A cui si aggiunge PimOff Kids, cartellone dedicato alle nuove generazioni con spirito tout public. "La nuova stagione sarà in linea con le precedenti – spiega la vicedirettrice Antonella Miggiano –. Da tempo la nostra proposta di spettacoli si alterna ad ampi periodi in cui il teatro è luogo di residenze, di ospitalità, di visioni inedite, come succede quest’anno con due progetti finalisti della rete OVER – Emergenze Teatrali: “Cantanti” di Carlo Geltrude e “Bimbo Astronave” di Edoardo Rivoira, il 5 e il 6 ottobre. È questo un aspetto che caratterizza molto la nostra attività e che si sviluppa in un lungo elenco di residenze di creazione in cui gli artisti condividono con la comunità i risultati della loro ricerca attraverso incontri, momenti di

formazione, anteprime". Il teatro dunque come spazio di lavoro. E di dialogo.

Rompendo la dinamica classica dell’evento, in favore di un tempo creativo, permeabile allo scambio. Spesso incentrato sui temi della contemporaneità.

"Sarà così ad esempio a gennaio con Cubo Teatro e Alberto Boubakar Malanchino, che stanno lavorando sulla vita di Leone Jacovacci, pugile nero ai tempi del fascismo, in un processo partecipato che coinvolge la vicina palestra popolare di Gratosoglio. Ma avremo anche Ateliersi, il teatro documentario di Fieno di Chio che sta indagando il concetto sociologico di “Educazione di Frontiera” o i progetti di danza del nostro bando internazionale Citofonare PimOff". Scelta che traccia un segno forte dal punto di vista della politica culturale. E che sviluppa l’idea originaria di “casa della cultura” della fondatrice Maria Pietroleonardo. Mostrando anche le potenzialità intrinseche di un supporto privato, a fianco del pubblico.

Il PimOff è infatti da sempre finanziato da un mecenate, in un settore che in questa direzione pare avere ancora ampissimi margini di sviluppo. "Ci vorrebbero più sponsor e più mecenati – conclude Miggiano – ma anche cifre irrisorie vengono legate a numeri da grande evento. Il pubblico interviene come riesce, a volte con decisioni poco leggibili se si pensa che non siamo stati coinvolti nel bando “Milano è Viva“, quando sulle periferie noi ci lavoriamo da vent’anni. Forse bisognerebbe quindi fare un passo indietro, rallentare sui numeri e sulle vetrine, per concentrarsi sul valore di un tempo retribuito dedicato alla creazione. È stata questa la nostra scelta. Una scelta che continuiamo a condividere con il pubblico anche attraverso prezzi calmierati e iniziative gratuite. Perché nonostante si comprendano le logiche di una città grande come Milano, preferiamo trovare il nostro modo per resistere".