ELENA CAPILUPI
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Marika Ciaccia, un passo dopo l’altro: “Ho rischiato di morire, sono ripartita con il trekking. E ho trovato il mio posto nel mondo”

L’influencer di “My Life in Trek”, classe 1990, dopo il dramma di un’embolia ha lasciato il lavoro per la sua passione: “Per non perdere una gamba dovevo sforzarmi di camminare”

Marika Ciaccia, classe 1990, dopo il dramma di un’embolia ha lasciato il lavoro per la sua passione. Ha cominciato a camminare: così è diventata una delle maggiori influencer di trekking in Italia.

Marika Ciaccia, classe 1990, dopo il dramma di un’embolia ha lasciato il lavoro per la sua passione. Ha cominciato a camminare: così è diventata una delle maggiori influencer di trekking in Italia.

Milano – Marika Ciaccia, classe 1990, si definisce "una raccontastorie con una travolgente passione per la natura". È l’anima dietro il blog, la pagina Instagram e il canale YouTube ‘My Life in Trek’, dove condivide le sue avventure di trekking in giro per il mondo e offre consigli pratici a chi vuole esplorare il mondo passo dopo passo. Autrice di due libri, “La felicità ai miei piedi – l’avventura di una trekker per caso“ e “Galateo del Camminare – il trekking come stile di vita“, Marika ha di recente completato in solitaria la Grande Traversata delle Alpi, assistita anche dai materiali del suo sponsor tecnico Suunto, dimostrando che l’avventura è alla portata di chiunque abbia il coraggio di mettersi in cammino.

Come nasce la passione per il trekking e quando ha deciso di trasformarlo in un lavoro?

"A 18 anni ho avuto una trombosi e un’embolia polmonare che mi hanno impedito di camminare e ho rischiato di perdere la vita. I medici mi hanno salvata, ma mi hanno anche dato un ultimatum: se non volevo perdere la gamba avrei dovuto sforzarmi di camminare. Ho preso queste parole alla lettera. Ho lavorato duro e ci sono voluti diversi anni per riprendere a muovermi normalmente. Si può dire che ho iniziato a fare trekking senza saperlo. Andavo in giro per i boschi per allontanarmi dallo smog della città e, a poco a poco, ho cominciato a sentirmi meglio, sia fisicamente che mentalmente. Raccontavo tutto questo sui social. I miei primi contenuti erano trekking descritti con spontaneità e forse un po’ di ingenuità, perché all’inizio non pensavo che sarebbe diventato un lavoro. Poi sono arrivate le prime proposte dalle aziende, specie dopo aver pubblicato su YouTube il video del mio cammino di Santiago, che ha avuto un certo successo. Da lì ho deciso di passare a Instagram, strutturarmi meglio, crescere professionalmente e diventare anche una guida escursionistica. Ho poi aperto un blog, “My Life in Trek“, per avere uno spazio tutto mio, dove dividere il mio lavoro in più parti: prima raccontavo i percorsi con foto e video sui social, poi davo informazioni più tecniche sul blog".

Si definirebbe un’infuencer?

"Forse sì, nel mio settore. Ci sono però ancora molti pregiudizi verso questa categoria. I contenuti che pubblichiamo sono solo la punta dell’iceberg rispetto al lavoro che c’è dietro".

Qual è il suo rapporto con i follower?

"Ho sempre cercato di essere il più trasparente possibile: mostro come lavoro, racconto ciò che va bene e ciò che va male. Non avrebbe senso fingere, soprattutto in una nicchia come la mia, legata al viaggio a piedi. Spesso incontro persone che mi seguono sui social e mi dicono di aver sperimentato alcuni percorsi di trekking che ho consigliato. È una delle soddisfazioni più belle".

Cosa c’era prima del trekking?

"Sono ormai otto anni che vivo viaggiando e camminando. Prima, però, ero alla ricerca del mio posto nel mondo. Ho studiato naturopatia, un percorso triennale che mi ha dato una buonissima base in materia, ma il primo lavoro è stato come assistente del mio dentista: aria condizionata e luci al neon non erano chiaramente la strada giusta per una persona che ama stare all’aria aperta. Anche durante il cammino di Santiago ho avuto tanti dubbi. Sapevo cosa non volevo nella vita, ma la sfida era capire esattamente cosa volessi. La trombosi mi aveva fatto comprendere molto presto quanto la vita possa essere estremamente delicata e io dovevo sfruttare al meglio il dono che mi era stato fatto".

I suoi primi percorsi?

"All’inizio ho comprato una guida per fare tanti trekking giornalieri nei dintorni di casa e così scoprire le bellezze del mio territorio. Sono poi passata a percorsi più impegnativi che mi attraevano, come il cammino di Santiago e il tour del Monte Bianco che tocca Italia, Svizzera e Francia".

Il suo rapporto con la natura?

"Ho un amore profondo per tutto il mondo naturale, infatti i miei trekking durano ore ed ore. Mi piace perdermi tra le bellezze della montagna, osservare tutto ciò che mi circonda nei dettagli. Amo raccogliere fiori ed erbe che poi cucino o utilizzo per creare dei cosmetici e cercare gemme e minerali. Sono tutte attività molto lente che creano un legame profondo con la natura. La cosa che mi emoziona di più è incontrare animali selvatici".

I trekking più belli dell’ultimo periodo?

"È molto difficile scegliere, ma al primo posto metterei la grande traversata delle Alpi. Seguono il tour del Monte Bianco, la Via del Sale in Liguria, i percorsi delle Madonie e la Riserva dello Zingaro in Sicilia".

Tra luglio e agosto ha affrontato la Grande Traversata delle Alpi. Perché ha scelto di intraprendere questo percorso da sola e come è andata?

"Lo scorso anno ho avuto molte collaborazioni e ho partecipato a tantissimi eventi e programmi televisivi. Questi impegni hanno inevitabilmente tolto molto tempo alle mie camminate. Proprio per questo motivo ho deciso di fare la Traversata, per riappropriarmi della montagna e della natura che mi fanno stare tanto bene. È andata molto bene, anche se il mio corpo ha impiegato un po’ di tempo a capire dove si trovava. È stata una sfida difficile: ogni giorno sono salita e scesa da una montagna. Dolori articolari e affanno sono stati i miei compagni di viaggio, ma ne è valsa la pena. Nonostante alcuni tratti particolarmente solitari, mi sono spesso trovata in compagnia: ho incontrato molti tedeschi e francesi, ma nessun italiano, il che mi sorprende perché questo territorio è casa nostra, e come tale dovremmo esplorarlo".

Si è mai sentita in pericolo?

"All’inizio avevo molti pregiudizi. Una donna che cammina da sola in mezzo alla natura viene spesso percepita come in pericolo. Ho incontrato tante altre donne che mi hanno detto di non andare in giro in solitaria, e questo mi ha dispiaciuto. Se il cambiamento non parte da noi, non può partire da nessun altro. Alla fine, comunque, non mi sono mai sentita in pericolo e non ho mai incontrato malintenzionati".

Cosa consiglia ai neofiti del trekking?

"La prima cosa fondamentale è capire dove si sta andando. Dico sempre che il viaggio parte da casa, perché è necessario avere più informazioni possibili sul tipo di percorso che si vuole affrontare, anche per capire se è alla propria portata o se è meglio cambiare meta. Una parte fondamentale per la buona riuscita di un trekking è sicuramente avere la giusta attrezzatura. Non sottovalutate mai il calzino, è importante tanto quanto le scarpe...".