
L'Orchestra Sinfonica di Milano celebra Ravel con Sergei Babayan e Emmanuel Tjeknavorian in un weekend di concerti imperdibili.
All’arte di Maurice Ravel, nel 150° anniversario della nascita, l’Orchestra Sinfonica di Milano dedica il week end, accogliendo il leggendario pianista Sergei Babayan: venerdì 4 (ore 20) e domenica 6 aprile (16), Emmanuel Tjeknavorian dirige un programma che accosta i due concerti per pianoforte (il Concerto il Sol e il Concerto per la mano sinistra) che vedono protagonista Babayan, intervallati dal Menuet sur le nom d’Haydn per pianoforte, e arricchisce il programma con il Boléro e con la Sinfonia n. 45 in Fa diesis minore Hob.I:45 “Sinfonia degli addii“ di Haydn. A scandire le due date, sabato 5 aprile alle 18 Babayan e Tjeknavorian salgono sul palco dell’Auditorium in duo violino e pianoforte, e sviluppano un programma che tiene insieme la Sonata per violino e piano di Leóš Janàček con la Sonata per violino e piano in Fa maggiore K 376 di Wolfgang Amadeus Mozart e con la Sonata per violino e pianoforte in Fa minore op. 80 di Sergej Prokof’ev. Gran finale dedicato a Ravel, con l’inconfondibile Tzigane. Rapsodie de concert. Classe ’61, l’armeno-americano Babayan, pianista sopraffino ed eccellente didatta (fra i suoi allievi Daniil Trifonov e Stanislav Khristenko), Babayan è sempre molto generoso nella costruzione dei programmi. Ne è senza ombra di dubbio questo il caso. L’impaginato del 4 e del 6 aprile si apre con il Concerto in Sol di Ravel, composto tra 1921 e ’31 “nello spirito di Mozart e di Saint-Saëns”. Composto da tre movimenti (Allegramente - Adagio assai - Presto), il Concerto in Sol è una pietra miliare del repertorio, la cui varietà tematica e di carattere viene valorizzata dalla straordinaria ricerca timbrica del grande Babayan. Fa da contraltare il Concerto per la mano sinistra, strutturato in un solo movimento, il concerto presenta una prima parte in cui vengono riproposti tratti stilistici cari a Ravel, tra cui sarabanda e ritmo puntato, e una seconda parte in cui fiorisce l’improvvisazione. Con una rarità raveliana, il Menuet sur le nom d’Haydn, nato in seno alla “Call for scores” indetta nel 1909 dalla Revue Musicale per dedicare un numero speciale per celebrare Franz Joseph Haydn a cento anni dalla morte. Ma i nomi di Ravel e di Haydn si intersecano ancora, nell’impaginato costruito da Tjeknavorian. Chiude il binomio “Sinfonia degli Addii” di Haydn e il Boléro di Ravel. Fino a toccare territori apparentemente lontani, in una cover reggae di Frank Zappa e una composizione rock di Jeff Beck, senza contare le innumerevoli versioni elettroniche. Quasi due opposti, i lavori sinfonici che chiudono l’impaginato. In uno si toglie, nell’altro si aggiunge, e che rappresentano, nel concerto celebrativo del 150° della nascita di Ravel, un eccellente parallelismo che lo accosta a Haydn. Contrappunta questo dittico sinfonico un appuntamento in duo violino e pianoforte, sabato 5 aprile alle 18: Tjeknavorian imbraccia il violino e sale sul palco dell’Auditorium di Milano insieme a Babayan. Un programma composito che tiene insieme tre Sonate per violino e pianoforte a cavallo dei secoli: la Sonata per violino e piano di Janàček, quella in Fa minore op. 80 di Sergej Prokof’ev e quella in Fa maggiore K 376 di Mozart. Gran finale dedicato a Ravel, con la sua Tzigane. Rapsodie de concert, brano da lui definito "pezzo virtuosistico nel gusto di una rapsodia ungherese", la cui scrittura ricorda le “violinisterie“ di Sarasate e di un Wieniawski. La violinista Jourdan-Morhange racconta: "Mentre stava componendo questo brano di tecnica trascendentale, Ravel mi mandò un telegramma con la preghiera di precipitarmi a Montfort, portando con me il violino e i Ventiquattro capricci di Paganini. Li voleva riascoltare tutti per non dimenticare nessuna diavoleria". Come spesso nel repertorio di Ravel, impressioni e influenze raggiungono un particolare equilibrio e danno vita a capolavori intramontabili. È il caso della Tzigane, brano bipartito caratterizzato da una serie di libere variazioni che intendono evocare lo stile improvvisativo dei violinisti tzigani ungheresi.