di Gianluca Brambilla
Dalle vie di Casciago al grande schermo. Giacomo Campiotti, regista e sceneggiatore, si è innamorato del cinema proprio durante la sua infanzia nel Varesotto. Da allora, ne ha fatta di strada: da “Corsa di primavera” – il suo primo film, ambientato proprio in provincia di Varese – a “La sposa”, la serie tv andata in onda a gennaio in prima serata su Rai Uno. Nel mezzo, una lunghissima lista di successi, da “Braccialetti rossi” a “Bianca come il latte, rossa come il sangue”.
Che ricordi ha della sua infanzia nel varesotto?
"Sono molto legato al territorio, sia dal punto di vista geografico che sociale. Ci torno almeno un paio di volte all’anno per visitare la famiglia. Devo molto della mia carriera alla bellezza di questi luoghi, che ho girato prima con gli scout e poi con gli amici. Direi che è stata una grande scuola di forza di volontà".
È lì che è nata la sua passione per il cinema?
"Certamente. Mi ricordo che già alle scuole medie partecipavo sempre ai cineforum organizzati dall’istituto. Qualche volta capitava anche che ci portassero al Piccolo teatro di Milano a vedere gli spettacoli di Giorgio Strehler. È lì che è nato il mio amore per l’arte".
I suoi primi passi nel cinema li ha mossi al fianco di Mario Monicelli. Che ricordo ha di lui?
"L’esperienza come aiuto regia sul set de “Il marchese del grillo” mi ha aperto un mondo che prima non conoscevo. Monicelli era un uomo severo, ma anche di grandissimo cuore: un finto burbero. Da lui ho imparato a gestire i rapporti con la troupe. L’altro mio grande maestro è stato Ermanno Olmi, che è stata un’influenza decisiva per il tipo di cinema che faccio oggi".
Qual è il filo rosso che lega i suoi film?
"Il cinema italiano è sempre stato un cinema di grande denuncia sociale. Io invece ho scelto una strada diversa: cerco di fare film motivazionali, che raccontino storie di personaggi in grado di ispirare chi sta in sala e spingere le persone a rimboccarsi le
maniche. Per questo metto in scena personaggi che, nella loro semplicità umana, sono riusciti a incidere nel loro tempo e a dare speranza".
Con “Braccialetti rossi” e “Bianca come il latte, rossa come il sangue” ha affrontato temi spesso considerati “tabù”, come la morte e la malattia. È stata una scommessa vinta?
"Assolutamente sì. Anche se non ci piace ammetterlo, la morte fa parte della nostra vita. E in televisione spesso viene rappresentata in modo solo apparente. Io nei miei film ho cercato di mostrare anche un altro lato, quello dell’elaborazione del lutto. Con “Braccialetti rossi” sono stato il primo a portare questi temi su Rai Uno. Ci tengo a precisare, però, che non c’è stata nessuna intenzione di strumentalizzare o spettacolarizzare il dolore".
Nel corso della sua carriera ha lavorato con tanti grandi attori. C’è qualcuno con cui è nata una particolare sintonia?
"Quelli che mi sono rimasti più nel cuore sono i ragazzi down di “Ognuno è perfetto”. È stato complicato lavorare con loro, ma il risultato è molto buono. Hanno fatto un lavoro eccezionale. Ancora oggi ci sentiamo quasi ogni giorno: per me è stata una grande esperienza di vita. Poi ricordo con grande affetto il maestro Gigi Proietti: un gigante del cinema, sempre umile e disponibile con tutti. In generale mi piacciono gli attori che mettono in campo non solo la loro professionalità, ma anche il cuore. È solo così che si riesce davvero a dare vita al personaggio".
A cosa sta lavorando in questo momento?
"Sto facendo i provini per una nuova serie tv sulla caduta del fascismo, che andrà in onda su Rai Uno. Purtroppo, non posso dire niente di più".
Qual è il suo sogno nel cassetto? C’è una storia che vorrebbe raccontare?
"Sto lottando per riuscire a fare altri film sui santi. Non per raccontare santini, ma uomini e donne che hanno inciso nella loro vita e possono essere da esempio. Mi piacerebbe moltissimo raccontare san Giuseppe da Copertino, il protettore degli aviatori ma anche degli studenti. Era considerato da tutti lo scemo del villaggio, ma ha una storia davvero incredibile. Un altro personaggio che vorrei raccontare è Yogananda, il guru indiano che ha diffuso lo yoga e la spiritualità indiana in tutto l’Occidente".