LECCO
di Simona Ballatore
In un periodo di crisi delle sale cinematografiche “Il signore delle formiche“ e il cinema “Nuovo Aquilone“ navigano controcorrente. Il primo continua a riempire le sale. Il secondo è diventato un piccolo caso nazionale: riaperto nel bel mezzo della bufera, compie un anno festeggiando i 15mila biglietti staccati. Quando i due si incontrano, la sorpresa raddoppia: 800 spettatori nei primi otto giorni di programmazione, sala colma all’arrivo del regista Gianni Amelio. Che è tornato a Lecco in una data speciale - il 17 settembre, nel centenario della nascita del protagonista della storia, Aldo Braibanti - e confessa: "Da quando sono venuto la prima volta non mi sono mai staccato, nonostante tra Roma e Lecco ci sia una distanza abissale. Abitassi a Milano ci verrei almeno una volta alla settimana".
Amelio, cosa la lega alla città?
"Ho amato il cinema di Davide (don Davide Milani, parroco e presidente della Fondazione Ente dello Spettacolo, ndr) sin dal primo giorno in cui sono entrato. Mi parlava di questo progetto, che gli stava molto a cuore, e mi ha invitato a conoscere il pubblico. Che calore ho sentito. Ha come svegliato le persone da un letargo, donando un mezzo - come la sala cinematografica - che per me ha qualcosa di sacro".
Coraggioso di questi tempi.
"Il fatto che sia un sacerdote ad aprire una sala cinematografica ha un doppio significato: consacra la sala come fosse la chiesa del cinema. Il cinema ha qualcosa che si avvicina alla messa: un credente va a messa per assistere a un rito insieme ad altre persone, che sono vicine ai suoi sentimenti, al suo credo, alle sue speranze, alla sua vita. Aprire una sala cinematografica è come dire: ’Non guardate la messa in tivù ma venite in chiesa. E allo spettatore non guardare il film in streaming, separato dagli altri. Sentilo insieme agli altri’. Io frequento la messa e amo molto quando ci si scambia un gesto di fraternità. Ecco, stare insieme in una sala è come scambiarsi quel gesto di amicizia, tra rappresentanti i una stessa comunità. La gioia di andare a presentare il mio film a Lecco supera tutte le altre mie esperienze di questi giorni. Ci vado con più amore. Soprattutto in un periodo come questo: aprire è un atto temerario e dovrebbe essere ripagato da una grande riconoscenza. Ogni volta che mi invitano lascio altri impegni, per me è un privilegio. Ho conosciuto una città che non conoscevo, mi sono avvicinato alla gente".
Prossimo film a Lecco, quindi?
"Non lo escludo. E poi è nato a Lecco uno degli attori a cui sono più legato: Antonio Albanese. Può darsi pure che riusciremo un giorno a girare insieme qui e a ricostruire quel legame che ha dato bei frutti".
Anche ’Il signore delle formiche’ è un caso nazionale: un segnale?
"È un film di grande coraggio. di grande apertura verso temi che un tempo venivano considerati scabrosi. Ecco, c’è una sala diretta da un sacerdote che li vuole dibattere quei temi, facendo partecipe i suoi spettatori di un film che ha il coraggio di affrontare questioni di grande importanza e attualità: i diritti civili, la dignità e il rispetto della persona al di là delle sue scelte, della sua natura, un’apertura all’umanità in quanto tale, senza steccati e barriere, senza prevenzioni e cattiverie. Perché poi certe cose, come il processo a Braibanti, sono una sconfitta per tutti. Non solo lui si è fatto anni di carcere accusato di avere plagiato un ragazzo, ma il ragazzo della famiglia che volle il processo subì 42 elettroshock: è violenza famigliare".
Film necessario di questi tempi?
"Questo film esce in un momento di grande crisi, dopo anni di pandemia, dopo una guerra per la quale anche noi scontiamo le conseguenze, con le restrizioni arrivate e che arriveranno. Esce in un momento in cui la campagna elettorale e le elezioni imminenti creano secondo me più sconcerto che convinzioni, da parte di tutti, non faccio distinzioni di partiti: tutti sono preoccupati più di loro stessi che delle persone che andranno a votare. La fretta del potere, senza curarsi di quello che di riflesso arriva all’elettore, è un segnale molto inquietante".
Ha preso per mano “Il signore delle formiche“ e lo sta accompagnano ovunque. Perché?
"Perché è un film di amore, dove l’amore va al di sopra di tutte le differenze e prevenzioni di genere. L’amore non si accomoda sulle tradizioni, vive nel momento in cui si manifesta, è la cosa più vitale di ogni individuo".
Ed è ricambiato dalle sale questo amore?
"Al di là dei numeri del botteghino, indiscutibili, da giorni sono in giro per le sale. E quando finisce il film non si alza nessuno, c’è una sorta di sacralità. E lo si deve al film e a come arriva allo spettatore, in lacrime alla fine. Consiglio sempre di portare un fazzoletto in sala, può servire".