INTROBIO (Lecco)
di Federico Magni
Per eseguire una Tac sul cranio di un tirannosauro l’ultima volta i ricercatori avevano dovuto chiedere una mano addirittura ai tecnici della Boeing. Solo nella grande industria aeronautica americana infatti c’è uno scanner talmente grande da fare una “radiografia“ a un rettile gigante e preistorico. La mandibola del dinosauro appartenuta a un rettile che si aggirava 235 milioni fa fra le Prealpi lombarde non è così imponente come quella del celebre collega ma il suo studio sta diventando un’impresa. Hanno provato per ora alla Gilardoni Raggi X di Mandello del Lario a “indagare” all’interno della roccia che contiene la mandibola di una ventina di centimetri scoperta dal naturalista Stefano Rossignoli ed estratta da una parete di Introbio, in Valsassina, grazie a un carotaggio a cui hanno lavorato il professore Andrea Tintori, paleontologo, e l’associazione Triassica. Un ritrovamento che ha permesso di appurare che nel “mare calmo” della Valsassina si aggirava un imponente rettile marino dal collo allungato e zampe simili a pagaie. Un esemplare simile fino ad ora era stato scoperto solo vicino a Tarvisio.
"Abbiamo tentato una tomografia ma non abbiamo avuto risultati. Speravamo di trovare i denti. Queste bestie ne avevano molti, lunghi e assai sottili - spiega il professor Tintori, lecchese, profondo conoscitore della zona delle Grigne, dove ha effettuato numerose scoperte di fossili –. Adesso la mandibola è nel mio laboratorio. Riproveremo probabilmente alla Gilardoni Raggi x con altre macchine". Continua Tintori: "C’è un ottimo laboratorio a Trieste, ma lavora su fossili più piccoli e questo è decisamente grande. Speravamo di procedere più velocemente, ma se queste scoperte fossero supportate, andremmo più alla svelta. Queste analisi vengono fatte in laboratori specialistici, ma hanno costi non banali e purtroppo, come spesso accade, chi dovrebbe darci una mano, magari proprio nel territorio in cui avvengono queste ricerche, non lo fa".
A Lecco si è appena svolto un meeting sul tema dei musei e del turismo ma nessuno cita mai aspetti naturalistici e paleontologi. C’è il disinteresse più totale, eppure qui vengono alla luce reperti importanti come quello di Introbio. Il rettile risale al Carnico Inferiore, circa 235 milioni di anni fa. "Inizialmente pensavamo si trattasse di un Lariosauro. In realtà in quel periodo queste forme erano già tutti estinte. Questo potrebbe essere - commenta ancora il professore - un “discendente” e dovrebbe appartenere al gruppo dei Pistosauri. Si potrebbe quasi dire che è un “anello di congiunzione” fra i “Lariosauri” e le forme che esploderanno poi nei Giurassico. Questi rettili marini erano buoni nuotatori anche se Lariosauri e Pistosauri erano meglio adattati ad ambienti costieri che non al mare aperto. Calcolando che ha un collo abbastanza lungo, la mandibola è lunga venti centimetri, è verosimile che avesse una dimensione di 3 o 4 metri". Nel 2011 un’altra scoperta del professore Andrea Tintori aveva fatto scalpore nel mondo scientifico, proprio per la sua rarità. Nel 2017, grazie alla pubblicazione sulla rivista italiana di Paleontologia e Stratigrafia, era arrivata l’ufficializzazione che la stella del Grignone è solo il quinto esemplare risalente al Triassico ad essere stato scoperto al di fuori della Germania e l’ultimo in ordine di tempo.
"La maggior parte dei fossili di stelle marine del Triassico è stata trovata in Germania, mentre al di fuori di quel bacino gli scavi non hanno restituito che cinque esemplari. Due sono stati trovati nella Cina meridionale, uno in Slovenia e due in Lombardia", spiega Tintori. Il terreno di “caccia“ di Tintori è la grande cresta che collega le due Grigne. E soprattutto la zona degli “Scudi“. Un’area esplorata dalla paleontologia già dal metà dell’Ottocento dall’abate Antonio Stoppani: "Qui abbiamo scoperto il Saurichthys Grignae, il fossile di un pesce lungo 1 metro e 40 per il quale ci sono volute qualcosa come 1.400 ore di microscopio per riportarlo alla luce e molti crostacei davvero interessanti".