THOMAS FOX
Vivere Lodi

Birra artigianale Postwave: il successo di Silvio Festari nel mercato cinese

Postwave, birra italo-cinese di qualità, conquista il mercato asiatico con design innovativo e materie prime locali.

Postwave, birra italo-cinese di qualità, conquista il mercato asiatico con design innovativo e materie prime locali.

Postwave, birra italo-cinese di qualità, conquista il mercato asiatico con design innovativo e materie prime locali.

"L’idea era quella di sviluppare un prodotto di qualità, non pastorizzato né microfiltrato, per dare all’alta ristorazione asiatica un’alternativa alle classiche birre cinesi e giapponesi". Un’intuizione semplice ma visionaria quella di Silvio Festari, 35 anni, architetto originario del Cremasco che ha saputo reinventarsi, fondando nel 2019 la birreria italo-cinese Postwave. L’azienda ha un centro di produzione a Xitang, una città d’acqua a ottanta chilometri da Shanghai. E una distribuzione capillare in tutto il mercato cinese, un territorio allora inesplorato: "Lì le birre artigianali non sono conosciute e consumate come in altri Paesi − spiega Festari −. La birra è vista come un prodotto per il mass market, mentre noi lavoriamo sulla qualità, sulla ricerca delle materie prime e sul design".

Il fondatore di Postwave era partito aprendo uno studio di architettura a Shanghai, per poi decidere di dedicarsi a un altro mercato, iniziando a importare vino italiano da distribuire a una nicchia di amici. Finché non gli è venuta l’idea di un prodotto che si potesse realizzare direttamente in Cina: "Con un buon impianto, un buon mastro birraio e delle buone materie prime si può produrre una birra di qualità". Dopo 7-8 anni di incubazione, passati a cercare location, soci e risorse, quando Postwave stava per uscire sul mercato è scoppiato il Covid. "Sono stato costretto a rientrare in Italia su uno degli ultimi voli disponibili − racconta il fondatore − Non avevo più nulla: solo le birre nei magazzini cinesi. Allora abbiamo deciso di importarle e di inviare un migliaio di campioni a ristoranti asiatici in tutta Italia. Ed è questo che ci ha aperto il mercato". Perché la birra è piaciuta e molti locali, una volta riaperti, l’hanno inserita nella lista delle loro bevande. Per un anno e mezzo Postwave ha continuato a importare da Xitang, poi ha stretto una collaborazione con il birrificio “The Brave“ di Lodi per produrre direttamente in Italia. Nel frattempo la società ha cominciato a distribuire pure in Cina, nei ristoranti e negli hotel, realizzando anche prodotti customizzati per aziende come Vans, Teufel e Mandarin Oriental: "Siamo andati a cercare un mercato diverso − spiega Festari − perché in Cina non esistono pub né birrerie".

Il progetto ha riscontrato un grande successo. Postwave ha aperto due locali a Shanghai e distribuisce birra in tutta la Cina, ma anche a Hong Kong e Taiwan: "Ce l’hanno chiesta pure a Berlino e in altre capitali, ma i costi di spedizione sono elevati e si pone un problema di conservazione del prodotto", racconta Ludovica Frassi, socia dell’azienda. In Cina, Postwave produce circa 450 tonnellate di birra l’anno, in Italia 30-35. Sul mercato asiatico sono disponibili decine e decine di tipologie, mentre in quello nostrano solo sette, compresa la birra di riso senza glutine che si è aggiunta lo scorso anno. "Ma facciamo anche prodotti stagionali e bottiglie in limited edition che funzionano molto tra i collezionisti", spiega il fondatore. Dunque, una storia di trionfi, coronata da un premio prestigioso: "Lo scorso anno abbiamo vinto il World Beer Awards come miglior birra in Cina: ci hanno conferito l’oro per la dark ale e l’argento per altre tipologie", racconta Frassi.

Motivo di successo è l’utilizzo di materie prime locali, come il licis e la zucca cinese, cui si affiancano prodotti importati come il luppolo. Ma l’aspetto più innovativo è il design delle etichette. Perché una birra di qualità non deve essere solo buona da bere, ma anche bella da vedere. "Abbiamo recuperato antiche ceramiche del XIII secolo, appartenenti alla dinastia Song − racconta Festari − Le abbiamo fotografate in alta definizione e le abbiamo messe sull’etichetta". Un’idea interessante, considerando che "in Cina, malgrado l’immenso patrimonio culturale, si tende a denigrare il passato e ad avvicinarsi alle ultime tendenze". E così, le etichette diventano una sorta di veicolo culturale: "La birra è una bevanda pop che crea relazioni − spiega Frassi − e allora può essere uno strumento per fare cultura: la gente si siede al tavolo, beve una birra e con la lattina in mano osserva un pezzo di storia cinese".

Ora Festari è tornato in Italia, a Capergnanica, la sua città natale, un paesino a un chilometro da Crema. E proprio a Crema ha aperto un ristorante, dove la cucina cinese si accosta alle birre alla spina di Postwave: "Si chiama GānBēi − Osteria Orientale. Vuol dire ’cin cin’ in cinese, ma sembra una parola in dieletto cremasco", ironizza Festari. Il birrificio ha inoltre partecipato all’Artigiano in Fiera per il quinto anno consecutivo. "E apriremo altri due locali in Italia, il prossimo entro giugno", fa sapere il fondatore. Ma l’obiettivo è quello di espandersi ancora in Cina e di allargarsi nel resto del mondo, appoggiandosi però a una produzione locale. Perché tutti possano assaporare le gustose e ricercate birre di Postwave. Abbinandole, se possibile, a un piatto cinese di alta qualità.