Lo sport, si sa, è anche una scuola di vita e può regalare pagine bellissime quando meno te le aspetti. L’impresa di diventare campione del mondo alla non certo verde età di 49 anni è riuscita a Franco Pellegrini, classe 1975, romano di nascita ma lodigiano di “adozione”, che è salito sul tetto del mondo nella disciplina di arti marziali del kaly filippino, un tipo di combattimento che può avvenire con un bastone o un coltello rigorosamente imbottiti. Teatro del successo è stata la manifestazione targata Wsa disputatasi in Inghilterra a Luton alla quale hanno partecipato oltre cento atleti provenienti da diverse nazioni fra le quali, oltre a Inghilterra e Italia, anche Irlanda, Austria e Francia. Ovviamente grande la gioia dello staff azzurro del quale fa parte anche un altro lodigiano, Claudio Alfieri, in qualità di preparatore atletico, anche lui atleta di livello mondiale. Ma quale è stata la molla che ha permesso a Pellegrini di raggiungere questo traguardo e quali i fattori che hanno consentito al romano-lodigiano di raggiungere il traguardo? Per capire bisogna scavare nel personaggio cercando di capire l’uomo oltre l’atleta. "Sono nato a Velletri, un paese dei Castelli Romani, il 18 agosto 1975 ma per i primi 17 anni ho vissuto a Lariano, sempre in zona Castelli, conosciuto nel Lazio per la bontà del proprio pane. Ho avuto un’infanzia tranquilla trascorsa tra scuola, boy scout, amici e sport. Finite le scuole professionali con la qualifica di tornitore meccanico arriva il momento di fare il militare e decido di farlo di carriera come Vfb (volontario ferma breve, ndr). Da qui inizio a vedere un po’ di mondo toccando Toscana e Sicilia ma anche Sarajevo in missioni e corsi vari compreso l’addestramento per Sarajevo nel ‘95. Qui sono rimasto per nove mesi. Alla fine della ferma torno a casa e decido di partire per il nord in cerca di lavoro. Mentre andavo in giro per il mondo cercavo sempre una palestra dove potermi allenare. Dal judo alla lotta a terra passando per muay thai e full contact".
Finchè è approdato a Lodi. "Esatto. Qui ho conosciuto Elena, che faceva la commessa in un negozio di abbigliamento, e ci siamo sposati. Nel frattempo ho trovato lavoro nel campo della ricerca come impiegato, sono nati i nostri due figli, Thomas che ora ha 19 anni, e Mattia, che ne ha 13, e ho iniziato a praticare il jeet kune do e il kaly filippino".
L’incontro della svolta è quello con Claudio Alfieri.
"Credo proprio di sì. Al maestro della palestra dove andavo avevo detto che non mi interessavano né le cinture, né i combattimenti e nemmeno diventare maestro. Poi arrivò in palestra Claudio (Alfieri), poi lui va per la sua strada e ci ritroviamo dopo il Covid e mi convince a combattere. Alla fine mi ritrovo maestro e campione del mondo di uno sport che adoro".
Il palmares di Pellegrini parla di argento e bronzo ai campionati italiani, argento e bronzo agli Europei e infine oro, argento e bronzo ai Mondiali, calcolando che combatto da soli due anni.
Perchè si è avvicinato alle arti marziali e cosa le hanno insegnato?
"Pratico arti marziali fin dall’adolescenza e sono cresciuto guardando i film di Bruce Lee. Il resto lo ha fatto l’incontro con Claudio Alfieri. Perché ho scelto questo sport? Per me la motivazione è stata quella di dimostrare che potevo farcela anche alla mia età. Le arti marziali sono uno stile di vita. Io sono del segno del Leone, quindi ho un carattere forte. Gli atleti delle altre nazioni mi hanno ribattezzato Dominic Toretto (un personaggio interpretato nei film da Vin Diesel, ndr). Non ho capito se per la somiglianza o per altro. Con le arti marziali riesco a trattenermi e a riflettere prima di agire. Questo sport aiuta a stare bene fisicamente e mentalmente e ad affrontare la vita con un occhio diverso e ad essere piu’ sicuri di se stessi".
Che sensazioni ha avuto dopo aver vinto il Mondiale?
"Tante e tutte una piu’ bella dell’altra. La gioia della vittoria, la soddisfazione del risultato. L’adrenalina è talmente tanta che fatichi a capire cosa hai fatto. Il giorno dopo ripensi a quanta fatica hai fatto. Però ne è valsa la pena. Almeno avrò qualcosa da raccontare ai miei nipotini".
Ha una dedica?
"A me stesso, alla mia famiglia, a tutti coloro che hanno reso possibile questo trionfo, a Claudio Alfieri, a tutto lo staff azzurro e ai compagni di avventura".
Cosa cambia, se cambia qualcosa, quando diventi un campione del mondo?
"In realtà la vita non mi è cambiata molto. A parte le congratulazioni di tutti quelli che lo hanno saputo tra familiari, amici e colleghi. Non mi chiedono certo gli autografi quando vado in giro".
Quale è il suo sogno nel cassetto se ne ha uno….
"In realtà non ce ne sono molti. Ho quasi fatto tutto quello che desideravo. Manca solo una vincita milionaria, ma ci sto lavorando. Mai dire mai nella vita. A parte gli scherzi ho già tutto, una bellissima famiglia, un lavoro, che oggi è tanta roba, faccio uno sport che mi piace e mi mantiene giovane e in forma e sono medaglia d’oro. Non mi manca nulla".
Albano Colli