
Alessandro Armuzzi, primario di Gastroenterologia all’Humanitas
Alessandro Armuzzi, primario e ordinario di Gastroenterologia dell’Humanitas University, ha condotto la sperimentazione in fase avanzata della nuova molecola mirikizumab sui malati di Crohn.
E la loro vita è migliorata?
"Nettamente. È lo scopo della ricerca. Aiutiamo a risolvere i problemi di chi soffre. Questa cura attenua i sintomi, riduce i danni intestinali, blocca l’evoluzione del morbo permettendo una nuova quotidianità".
Addio al mal di pancia e all’urgenza di correre in bagno?
"Sì, nella maggioranza dei casi. Il 60% ha avuto benefici immediati e il 90% ne godeva ancora a un anno di distanza. Significa che l’anticorpo monoclonale è immediatamente efficace e che mantiene, a differenza di altre terapie, stabilità nel tempo. Oltre il 50% a 12 mesi dalla cura ha potuto beneficiare della remissione e circa la metà è guarito dalle ulcere intestinali".
Malattia più maschile o femminile?
"Colpisce entrambi in egual misura, anche se le donne sono in lieve preminenza. Forse pochi sanno che a soffrirne sono anche i ragazzi: il 25% delle diagnosi avviene in età pediatrica sotto i 18 anni".
Cause?
"Complesse, come tutto quello che ha a che fare con il sistema immunitario. Nei bambini sotto i 5 anni c’è una forte componente genetica, negli adolescenti il quadro diventa più simile agli adulti. C’è una risposta abnorme a uno stimolo, per esempio un batterio, innescata da vari fattori che rende le pareti intestinali più permeabili".
L’obiettivo è scongiurare il più a lungo possibile l’intervento?
"Anche. Ma la chirurgia in alcuni casi resta una leva importante. Con la terapia monoclonale potranno cambiare i numeri attuali. A 10 anni dalla diagnosi di Crohn, il 40% dei malati deve fare i conti con la rimozione di almeno un tratto dell’intestino".
Per loro cosa cambia con mirikizumab?
"Hanno un’arma in più per combattere una patologia invalidante che ha un peso sul lavoro e nelle relazioni sociali e che in molti casi sfocia nella disabilità. I problemi che la malattia crea possono provocare una forma di autoesclusione. Sono tanti i sintomi che rendono la vita difficile: stanchezza, anemia, artrite".
Barbara Calderola