
Scopri la Vecchia Osteria Ca’ del Parto, dove Simone Virtuani unisce tradizione e innovazione nella cucina lodigiana.
L’ossimoro si consuma in una piccola borgata di Brembio, lungo la provinciale “Lodigiana” a metà strada tra Ossago e Livraga, che insomma, non è il mondo alla fine del mondo ma non è nemmeno il suo ombelico. Del resto, non servono grandi palcoscenici per predicare il concept “L’eleganza della semplicità” che ha tutta l’aria di apparire come un assoluto paradosso. Forse per i milanesi, quelli più coltivati o presunti tali, convinti che tanto ardire comunicativo sia un privilegio concesso solo ai ristoranti “stellati”. E qui, decisamente non è il caso. Non per altro. Perché alla Vecchia Osteria sorta una sessantina d’anni fa inglobando una seicentesca cappella dedicata alla Madonna del Parto certi vezzi stile “fine dining” non hanno molta presa. Colpa, anzi merito, di Simone Virtuani, patron e chef di questa graziosa locanda con una scarsa propensione per le mode e invece una simpatia sfacciata e orgogliosamente sbandierata per la tradizione. Perché è vero, il mondo cambia ed è giusto così ma l’anima e l’identità non meritano di finire in archivio. Normale che l’abbiano notato anche gli autori delle guide gastronomiche più accreditate. Come Paolo Massobrio e Marco Gatti che ne “Il Golosario” definiscono il locale di Simone e della sorella Sara che presidia l’accoglienza in sala "Osteria vera, di quelle che si pensa non esistano più", con un commento che vale oro: "È il nostro indirizzo del cuore". Considerazione condivisa da molti vista la reputazione che questa locanda ha continuato a conservare, ereditando perfino il patrimonio mnemonico degli Anni ’60, quando apparteneva al format “sosta per viandanti affamati”, poi impreziosito grazie alla cucina solida e corroborante della signora Paolina, nonna materna di Simone e Sara e al successivo contributo della figlia Carla Maria, prima che la terza generazione, i due fratelli Virtuani, dimostrasse un’indiscutibile capacità di assicurare una meritata longevità anche mentale alla cucina lodigiana. Quella che alla Vecchia Osteria Ca’ del Parto viene proposta con rispetto ma senza rinunciare a garbate rivisitazioni. Certo, come nella vita, c’è una gerarchia di valori, ovvero di piatti - come dire? - particolarmente richiesti fino a diventare intoccabili. Su tutto e tutti, il raviolo, rigorosamente preparato a mano, con un’indubbia preferenza per le versioni “ripieno di brasato” e “cotechino e patate”. Non che i risotti siano snobbati. Ci mancherebbe altro. Quelli alla pasta di salame, alla salsiccia e alle ortiche godono di un’indiscussa popolarità. Almeno quanto le mitiche “pulpete” della casa. E quanto i gustosi secondi, piatti dalla riconoscibilità disarmante e per questo gettonatissimi come il brasato e polenta e i bocconcini di manzo con vellutata. Anche se nel ranking del gradimento spiccano le delizie della casa (pane, confetture, paste fresche, etc.) in vendita nell’apposita bottega e i salumi anch’essi prodotti direttamente dalla maison con tanto di “sala di stagionatura” a far da garante a salsiccia, pancetta, luganega e altre chicche della norcineria tramandata da nonno Ennio e da papà Giovanni. Serve del buon vino? Ovviamente a fare un figurone è quello di San Colombano al Lambro, specie la Croatina prodotta nella cantina dell’amico Diego Bassi. E non è tutto. Perché buon sangue non mente. Tempo qualche mese, la Vecchia Osteria Ca’ del Parto si circonderà di nuovi campi coltivati, di un giardino, di un percorso didattico e di strutture per l’allevamento di animali. Voglia di fare. Passione. Ed evidenza: nella campagna alle porte di Brembio l’accidia continua ad essere un vizio capitale.