ENRICO CAMANZI
Cultura e Spettacoli

Monica Vitti il volto enigmatico e indimenticabile del cinema italiano

Gli esordi, i film con Michelangelo Antonioni, il feeling professionale con Alberto Sordi, il ritiro dalle scene. La carriera di una delle attrici più amate dal pubblico

Monica Vitti

Il ciclo dell'incomunicabilità di Michelangelo Antonioni entrato nella storia del cinema anche grazie alla sua espressione enigmatica. La verve comica, svelata in numerose pellicole del periodo d'oro della commedia italiana. Il feeling professionale con un altro monumento tricolore della settima arte, Alberto Sordi. La malattia e il ritiro delle scene, protetto con amore e discrezione dal marito, il fotografo Roberto Russo.  

Lo scorso 3 novembre aveva compiuto 90 anni Maria Luisa Ceciarelli, in arte Monica Vitti, una delle attrici italiane più note anche all'estero. L'attrice dalla voce roca e dallo sguardo magnetico da piccola, quando abitava a Messina, era chiamata "sette vistini" (sette sottanine, in siciliano), perché, freddolosa, si vestiva a strati. Un soprannome che l'ha sempre accompagnata nella vita e una certa sintonia con il volto ombroso del mondo che segnò i passi più importanti dell'avvio della carriera.

A consigliarle di cambiare il nome di battesimo in Monica Vitti (il cognome fu scelto accorciando quello della madre, Vittiglia, il nome fu preso da un libro che l'attrice stava leggendo), fu Sergio Tofano, attore, regista e autore del mitico Signor Bonaventura. Dopo il diploma all'Accademia d'arte drammatica di Roma entra nel mondo del cinema. Il grande lancio come attrice è merito anche del regista ferrarese Michelangelo Antonioni, con il quale ebbe anche un lungo legame sentimentale. Il regista la volle come protagonista nella trilogia della incomunicabilità lavorando così ne "L'avventura" (1960), "La notte" (1961), l'"Eclisse" (1962), partecipando anche a "Deserto rosso", il primo lavoro a colori di Antonioni (1964, film nel quale consegna alla storia del cinema la battuta "Mi fanno male i capelli") .

Altrio incontro decisivo per la sua carriera fu quello con Mario Monicelli, fra i primi a convincere che la bella Monica Vitti poteva essere oltre a una brava attrice drammatica, anche una interprete di ruoli brillanti. Ed eccola, fantastica, nel celebre "La ragazza con la pistola" (1968), siciliana dalla lunga treccia nera, finita in Scozia in cerca dell'uomo che l'ha disonorata, figura che, pur nell'atmosfera scanzonata di una pellicola che è fra i migliori esempi della commedia tricolore, porta in sé urgenze e rivendicazioni del rinnovamento sessantottino, sul fronte sessuale e su quello di una reclamata centralità e autonomia della donna.

Da quel momento in poi sono tantissimi i ruoli che Monica Vitti ha interpretato, e sempre con grande bravura, spaziando dalla commedia brillante, al genere drammatico. Una personalità, la sua, che le ha permesso di reggere il confronto con attori del calibro di Tognazzi, Vittorio Gassman, Nino Manfredi, considerati i "re" della commedia brillante.

E' stata anche in tv, Monica Vitti, dove fra le tante apparizioni, si ricordano quelle accanto a Raffaella Carrà e Mina in Milleluci, e nel "Il cilindro" di De Filippo. Nella sua lunga carriera ha vinto cinque David di Donatello, tre nastri d'argento, dodici globi d'oro, un ciak d'oro, un Leone d'oro alla carriera e tanti altri. Dal 2002 non era più apparsa in pubblico, protetta fortissimamente dal marito Roberto Russo, nella malattia degenerativa che l'ha sottratta alla vita sociale e poi condotta alla morte.