Milano, 15 marzo 2017 - Carletto Mazzone e il calcio alla “carbonara“, quello genuino e croccante, con la sua infinita carriera in panchina che in otto lustri è andata da Trastevere ad Ascoli, passando per le province di tutta Italia. Da allenatore quasi 800 partite in serie A e più di 1000 se contiamo anche la B e la vecchia serie C, ma il traguardo più bello è ad un passo: gli 80 anni (li festeggerà domenica 19 marzo) di una vita splendidamente vissuta fra pallone e famiglia, fra “toccate e fughe ad Ascoli“ e le rimpatriate estive ai bagni Nadia di San Benedetto.
Buon compleanno mister: qual è il primo pensiero che le viene in mente?
«Ma che volete “scrive“... Ringraziando Dio ci sono arrivato, prima seduto in panchina e poi facendo il pensionato. Mia moglie Mariapia è stata un angelo, ha cresciuto figli e nipoti da sola mentre io arrivavo alla domenica sera e ripartivo il martedì mattina per stare appresso a sto’ pallone. Però i ricordi belli so’ tanti anche se gli ultimi mesi ho visto cose terribili anche ad Ascoli...il terremoto, la paura, il pavimento che tremava. Scioccante»
Proviamo a distrarci e apriamo l’album: la cosa più bella?
«Mo ce devo pensà... Forse il fatto di aver potuto giocare da giovane nella Roma, io romanista. Ero un difensore, avevo una buona base tecnica e fisicità. Ma non me fate fà paragoni...»
Un episodio spiacevole?
«Ho vissuto vita serena e tranquilla, mai convolto nelle polemiche. Però a pensarci bene... forse avrei dovuto pensarci due volte prima di attaccare la Gea. Quando mi rividi in tv me dissi... “Aho, ma che hai fatto?...Nun te potevi fa’ i fatti tuoi?»
Acqua passata...
«Sì, perché nessuno mi ha mai regalato nulla, tantomeno la serie A. Ci sono sempre arrivato con le mie gambe, i miei scudetti sono state le salvezze anche all’ultima giornata».
Il giocatore più forte allenato...
«E no, mo’ me metti in difficoltà... Totti e Baggio, Baggio e Totti,.. Bravi ragazzi, rispettosi e pieni di entusiasmo, potenzialmente e tecnicamente con una preparazione di base elevatissima. I genitori di Francesco vivevano solo per lui e qualunque cosa si verificasse venivo interpellato. Mi sentivo papà e consigliere. Quando l’ho preso aveva 16 anni. E gli dicevo ciò che doveva mangiare. Lo buttai subito nelle partitelle con la prima squadra...».
Poi c’è Baggio, altro fenomeno...
«A me’ lo dici? L’ho fatto crescere,, lui ha ricambiato con le grandi qualità tecniche. Sempre silenzioso ma puntuale ed educato. Non l’ho visto una volta far pesare ai compagni il fatto che lui fosse Baggio. Perché il calcio italiano l’ha emarginato».
Ci spega come è possibile il “guardiolismo“ per uno che ha giocato con Mazzone?
«Guardiola era la qualità nel mio centrocampo. La velocità nel cervello e nel saper girar palla. E io non sono mai stato difensivista, fregnacce. Siamo allenatori, ognuno lavora con quello che c’ha, dal punto di vista tecnico e caratteriale. Perciò lui porta avanti il guardiolismo di cui sono grande sostenitore. Un giorno Bernardini disse: “L’Olanda? Andate a vedere Carletto..»
C’è mai qualcuno che l’ha fatta arrabbiare?
«No, ero sempre rispettato ed ho sempre avuto rispetto nei confronti di tutti. Vero, qualche volta alzavo i toni ma non più di tanto...»
Cosa non ripeterebbe?
«Boh... fammece pensa’...»
L’aiuto io: quella corsa sotto la curva degli atalantini la rifarebbe ancora?
«Quella corsa sì...perché i cori che l’avevano preceduta erano stati la cosa peggiore che si può ricevere nella vita: le offese nei confronti dei genitori. Ce tornerei per davvero sotto la curva, la mamma è quel che più di importante c’è ed io avevo ancora grandi ricordi di mia madre».
Perché tanta maleducazione nel calcio?
«Adesso va meglio. I tifosi negli ultimi anni sono cresciuti e migliorati. Sono in pochi che cercano gloria e per apparire gettano fango...»
Il presidente a cui era più legato?
«Faccio fatica, farei un torto a qualcuno. Certo, con Sensi ho avuto un rapporto splendido, è stato benevolo con me nei momenti difficili ed ero abbastanza giovane quando comunque mi scelse dandomi fiducia. Però penso anche a Costantino Rozzi, è grazie a lui che sono diventato un allenatore di calcio. Mi diceva: Coccia pelà, domenica l’Ascoli deve vincere, capito? E poi, come dimenticare quel galantuomo de Corioni...persona splendida».
Polemiche fra arbitri e giocatori, veleni, moviole. Da fuori che effetto le fa questo calcio?
«E’ peggiorato. Noi avevamo maggior buon senso, ora ci sono “uscite“ pericolose, e non si pensa ai giovani che ci ascoltano e ci guardano. Non diamo il buon esempio...»
Perché tutti si lamentano con la Juve?
«Perché sembra che è quella che comanda più di tutti. Per me resta la squadra-riferimento, ha una sua storia personale e la si deve rispettare. Ha sempre fatto cose importanti, gradite e non gradite. Quelli che ne parlano male lo fanno perché so’ invidiosi...»
Arrivano i cinesi a Milano: se avesse avuto un presidente di Pechino come si sarebbe comportato?
«Avrei trovato difficoltà. E chi lo impara il cinese? Comunque non penso possano insegnarci l’impostazione tattica, può andar bene se fanno investimenti di denaro. Stamo a vedè...»
Un allenatore che ammira più di tutti?
«Ancelotti. Parla poco e vince tanto. E poi Eriksson. Però mi terrò un dubbio per sempre: cosa avrebbe combinato lo svedese alla guida dell’Ascoli?»
Le sarebbe piaciuto allenare l’Italia?
«Si, ma non avevo i mezzi e gli sponsor giusti. Però ho sempre pensato che allenare la nazionale sia prestigioso e importante per noi italiani».
Il Brescia ha chiamato Cagni, non dico un suo coetaneo ma quasi...
«Sono rimasto molto legato alle società che ho avuto l’onore di allenare, il Brescia è fra le prime. Cagni farà bene perché sa di calcio, mica a na’ certa età semo rincojoniti...»
Che regalo vorrebbe per gli 80 anni?
«Il più bello è essere arrivati a 80, mo’ vorei andare oltre. I miei figli e i miei nipoti sono la gioia della mia vita non vedo l’ora di spostarci tutti a San benedetto e andare al mare insieme...».