Nei giorni dell'onda lunga dei festeggiamenti per il trionfo azzurro agli Europei è piacevolmente vintage ricordare la peggiore sconfitta mai conosciuta dalla Nazionale. Compie 55 anni la "disfatta dei Ridolini", ovvero il ko rimediato dall'Italia contro la Corea del Nord nel girone eliminatorio dei Mondiali 1966 disputati, corsi e ricorsi storici, in quell'Inghilterra che ci ha regalato pochi giorni fa la gioia europea, nella finale contro i padroni di casa a Wembley. Un "lutto" sportivo che si è fatto memoria collettiva e detto popolare, tanto che ancora oggi una disfatta sportiva è spesso ribattezzata "Corea".
E' il 19 luglio 1966. Alla guida del governo c'è Aldo Moro, che capeggia una maggioranza formata da DC, Psi, Pri e Psdi. La società viene scossa dallo scandalo della "Zanzara", il giornalino studentesco del liceo classico Parini che pubblica un'inchiesta sulla posizione della donna nella società e i problemi del sesso che porterà alla denuncia dei tre redattori (uno, Marco Sassano, diventerà inviato de Il Giorno). In tv debutta il quiz televisivo Settevoci, condotto da Pippo Baudo. John Lennon, da parte sua, in un'intervista sostiene che i Beatles, reduci l'anno prima da uno storico concerto al Vigorelli di Milano, sono "più popolari di Gesù Cristo". A novembre un'alluvione sconvolgerà Firenze, ma farà conoscere la grande forza solidale dei giovani italiani, i cosiddetti "angeli del fango" che raggiungeranno il capoluogo toscano per salvare il suo patrimonio storico da fango e detriti.
La spedizione in Inghilterra
In questo contesto l'Italia allenata dal commissario tecnico Edmondo Fabbri arriva all'appuntamento iridato sulla scorta di un ciclo di amichevoli scintillante ma anche sulla scia di alcune polemiche sulle convocazioni diramate dal tecnico. Fabbri decide di puntare sul "blocco" Bologna, trascurando invece i giocatori dell'Inter, vincitrice dello scudetto e semifinalista in Coppa dei Campioni. Soprattutto non si comprende la scelta di chiamare solo come "apprendista non giocatore" il giovane Gigi Riva, bomber del Cagliari che si sta affermando come uno dei talenti più cristallini del calcio tricolore.
Tant'è. Nella prima partita gli azzurri superano il Cile, prendendosi una rivincita contro i sudamericani che quattro anni prima, nel 1962, avevano prevalso con le cattive in una partita passata alla storia come "Battaglia di Santiago". Nel secondo incontro, invece, ci inchiniamo all'Unione Sovietica del portiere monumento Jascin, che passa grazie a una rete di Cislenko. L'ultimo impegno, però, è con i dilettanti della Corea del Nord. La fiducia tracima nella spacconeria. I giornali dell'epoca sono convinti che l'Italia farà un solo boccone dei nordcoreani, ribattezzati con buona dose di sprezzo "Ridolini". L'atmosfera è rilassata. Si fanno i conti per cercare di capire quale squadra incontreremo in caso di un successo che pare scontato.
La partita
Le prime battute del match sembrano scongiurare i timori di chi paventa che l'impegno possa essere stato preso sotto gamba. L'Italia ha il controllo delle operazioni e sbaglia un paio di buone occasioni con Marino Perani, l'ala destra titolare del Bologna che due anni prima aveva vinto uno storico scudetto, battendo 2-0 nello spareggio l'Inter del presidente Angelo Moratti. A metà del primo tempo, però, s'infortuna il capitano Giacomo Bulgarelli, anche lui pilastro dei rossoblù. Le sostituzioni, in quell'epoca, ancora non sono previste. L'Italia resta in dieci, perdendo il suo regista di centrocampo. Al 42' tale Pak Doo Ik, passato alla storia come dentista anche se in realtà lavorava come professore di educazione fisica e aveva un diploma da tipografo, conclude un'azione da manuale, sviluppatasi dopo un pallone perso da Gianni Rivera, e trafigge Albertosi. Nel secondo tempo gli azzurri si riversano in avanti. L'assedio è senza esito. Hanno vinto i Ridolini, viva i Ridolini.
La Nazionale fa rientro in Italia. La federazione decide di far atterrare l'aereo dell'umiliazione a Genova in piena notte, per evitare le contestazioni previste a Milano e Roma. Precauzione inutile. All'aeroporto ligure c'è un folto drappello di tifosi "armato" di pomodori e uova marce. Il pullman dei giocatori è oggetto di un fitto lancio. Fabbri - che praticamente finirà la sua carriera con questa disfatta - resta sull'aereo per un'ora. Verrà recuperato "brevi manu" da un parente, che lo scorterà fuori dallo scalo in auto.
Il cammino della Corea
E la Corea del Nord? Negli ottavi di finale - traguardo che resterà sconosciuto a una Nazionale asiatica fino ai Mondiali del 2002 - proverà a sorprendere il Portogallo della Pantera nera Eusebio. Pak Doo Ik e compagni si porteranno in vantaggio di tre reti. Poi si scatenerà la bandiera del Benfica e i lusitani rimonteranno fino al 5-3 finale. Successivamente si verranno a sapere i metodi di allenamento della Nazionale arrivata da Pyongyang, a metà fra la preparazione militare e le fatiche erculee. Sudate di chilometri, salti con la corda e flessioni. Esercizi ginnici per perfezionare salti in stile "cavallina", poco ortodossi ma del tutto efficaci. Non solo. Dopo cena i nordcoreani si sfidano in una partitella sui 90 minuti in cui non ci sono ruoli fissi e ogni giocatore può mantenere la palla solo per 10 secondi: una specie di mix fra il calcio ipervitaminico alla Zeman e il "casino organizzato" di Fascetti.
Negli anni seguenti, a ogni ko storico della Nazionale, la storia del capitombolo con i Ridolini verrà ripescata. Senza che i protagonisti dell'epoca mostrino troppo gradimento a queste rievocazioni, per altro. Nel 2002, in Inghilterra, viene anche girato un documentario su quella partita. Sette giocatori nordcoreani e l'allenatore Myung Rye Hyun vengono invitati a Middlesbrough, la città dove si giocò la partita, ad assistere al match fra 'Boro e Leeds United. Prima del fischio d'inizio verranno applauditi dal pubblico, in un giro di campo celebrativo. E a ridere, ancora una volta, sono i Ridolini.