Filippo Inzaghi sotto la Curva Sud, il grido a lui dedicato che risuona a San Siro come momento emozionale più rilevante in quella che è una pacata, quasi dimessa, celebrazione dei 125 anni del club. Non è la corsa folle del 13 maggio 2012, quando con il Novara segnò il suo ultimo gol nella sua ultima gara in rossonero, ma l’amore, la passione, è sempre lì. C’è lui nella “Hall of Fame di AC Milan presented by Emirates” con al fianco Marco Van Basten, attaccante del secolo rossonero, e il vicepresidente onorario Franco Baresi, sempre 25 anni fa votato dai tifosi “Milanista del centenario”. Tappeto rosso steso al centro del manto verde, le tre leggende che ricevono il trofeo prodotto da Tiffany & Co., in quello che dovrebbe essere, ed è, il momento più alto delle celebrazioni dei 125 anni dell’AC Milan, che cadono proprio oggi. Dall’Hotel du Nord et des Anglais per il rossonero (rosso come il diavolo, nero come la paura) che ha marchiato la città, che ha vinto come nessuna italiana in Europa, che ha scritto capitoli determinanti del gioco in Italia e nel Mondo. Dal “catenaccio” di Nereo Rocco al “pressing” di Arrigo Sacchi, passando per gli “invincibili” di Fabio Capello sino al risveglio del gioco offensivo di Carlo Ancelotti e dei tanti fantasisti.
Il primo passo lo si deve ad un gruppo di appassionati inglesi capeggiati da Alfred Edwards dietro le quinte e Herbert Kilpin in campo, ma le istantanee sono infinite, sino alla grandezza dell’era di Silvio Berlusconi e Adriano Galliani, la più vincente. Storia nota a tutti, il club oggi sceglie gli attaccanti (votati dagli appassionati), mentre la Curva Sud risponde con lo striscione "Rendiamo onore ai nostri campioni. Simboli di un Milan che non esiste più", con a seguire i fischi a Zlatan Ibrahimovic, per dare seguito alle polemiche settimanali, e a quel senso di distacco, dove le assenze urlano più delle presenze. E allora spazio ai protagonisti. Franco Baresi, il capitano del Milan di Arrigo Sacchi, il Campione del Mondo del 1982 che decise di restare con la squadra anche in Serie B prima di vincere tutto, e più volte. Nella Hall of Fame da ottobre. Marco Van Basten, la scommessa della dirigenza: si diceva fosse rotto, infatti arrivò malconcio e chiuse a pezzi, ma in mezzo fu risposta a Diego Armando Maradona negli anni ‘80, anche con la nazionale olandese campione d’Europa.
Salutò San Siro in una triste serata d’estate del 1995, prima di un Trofeo Berlusconi contro la Juventus. Quindi, come detto, Pippo Inzaghi. Arrivò dalla Juventus, pagato a peso d’oro ma con tanto scetticismo. Adriano Galliani sventolava i numeri degli almanacchi, lui entrò nel cuore del mondo Milan in una gara con il Torino, squotendo una squadra in difficoltà e una tifoseria depressa. Un’assonanza di battiti che non si è più interrotta, neanche nella grigia esperienza da allenatore. Con loro non c’è Andrij Shevchenko, il cui momento arriverà più avanti. "Vogliamo continuare a fare la storia - osserva Ibrahimovic, volto oggi inviso al pubblico, davanti alle telecamere - ora vediamo chi l’ha fatta con il Milan, io come ex giocatore sono molto orgoglioso. Poi ce ne sono altri che l’hanno fatta più di me: chi ha giocato per il Milan capisce cos’è il Milan". Intanto, in campo, sfilano le “Legends” al passo della cronologia del club, con in mano i trofei che ne arricchiscono museo e bacheca. Luci, musica, storia in movimento per chiudere la cerimonia: la sensazione è che a San Siro i tifosi abbiano fretta per un nuovo capitolo. Con diffidenza.
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