I numeri complessivi raccontano ancora un quadro in positivo. Virtualmente affiancata alla capolista in A (è a -3 dall’Atalanta ma con una partita in meno e agevolmente tra le prime otto nel girone di Champions) l’Inter si scopre un po’ corta dove pensava di non esserlo. Si discuteva, lo scorso anno, della differenza tra la coppia titolare Martinez-Thuram e le alternative Arnautovic-Sanchez. È stato acquistato Taremi e sulla carta sembrava un upgrade, ma l’iraniano si è fermato finora a un solo gol su rigore e Lautaro si è appiattito su numeri più da riserva che da prima donna. In campionato è fermo a quota 5, il compagno di reparto Thuram lo doppia con 10. Nella Champions finora non così piena di soddisfazioni personali in carriera, l’argentino ne aggiunge uno solo, come il francese.
La competizione europea, in cui come detto non c’è contraccolpo così negativo dalla sconfitta di Leverkusen, si nota però con ancora più evidenza la scarsa vena realizzativa delle punte. Le sette marcature di squadra, con uno 0-0, tre 1-0 a favore e l’unica partita con marcatura multipla in casa con la Stella Rossa (4-0), pongono i nerazzurri molto distanti da squadre che hanno segnato due volte tanto o giù di lì. Nessuna tra le prime otto ha un numero così basso. In campionato compensano i gol dei giocatori provenienti dagli altri reparti, ma in Europa sta mancando pericolosità e le parole di Bisseck al termine della sfida col Bayer sono un monito: "Siamo stati troppo passivi e il Leverkusen ci ha messo sotto stress. Il punto perso al 90’ bilancia un po’ la fortuna avuta in altre partite", come a Berna in occasione dell’1-0 di Thuram nel recupero o con l’Arsenal battuto col medesimo risultato, tirando in porta praticamente una sola volta, su rigore.
Normale che le critiche maggiori vadano a colpire il più atteso, nonché il più pagato della rosa, Lautaro Martinez. Meno di sei gol a questo punto dell’annata li aveva fatti, all’Inter, solo all’esordio. Era uno scenario completamente diverso: l’argentino era la riserva di Icardi, aveva quindi giocato molto di meno ed era ai suoi primissimi mesi in un Paese sconosciuto, in un campionato completamente nuovo. Un ventunenne (era il 2018) senza trofei vinti alle spalle che oggi invece è il capitano, due volte campione d’Italia, vincitore di un Mondiale, settimo nell’ultima classifica del Pallone d’Oro. I più ottimisti provano a vedere il bicchiere mezzo pieno: Lautaro ha sempre un paio di mesi a stagione in cui fatica a vedere la porta. Se li mette alle spalle, senza tutto sommato aver pagato alle classifiche di campionato e Coppa un dazio così alto, è tanto di guadagnato, perché man mano che si andrà avanti i punti peseranno sempre di più. E così i gol, che all’Inter serviranno. A partire da lunedì contro la Lazio all’Olimpico.
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