Venerdì 8 settembre ha preso il via la decima edizione della Coppa del Mondo di Rugby con una delle sfide più attese, quella dei padroni di casa della Francia e i mitici All Blacks della Nuova Zelanda. Un’occasione imperdibile per assistere alla partita, con vittoria dei Transalpini, e per radunare un folto gruppo di ex rugbisti che hanno fatto la storia di questo sport con la Nazionale Italiana.
È stato così che allo Sporting Club di Milano 2, su invito del Panathlon Club di Milano, si è parlato di rugby insieme a personaggi del calibro di Adriano Fedrigo e Antonio Spagnoli, entrambi presenti nella prima, storica, tournée in Sud Africa, e con Marcello Cuttitta, punto fermo dell’Italia negli anni ‘90. Impossibile, con ospiti del genere, non partire con il pronostico su quello che ci si augura possa essere il cammino degli azzurri che hanno vinto sabato 9 contro la Namibia e che si trovano nello stesso girone di Francia, Nuova Zelanda e Uruguay.
Proprio la sfida con i sudamericani, in programma a Nizza mercoledì 20 settembre alle ore 17.45, potrebbe essere il punto di svolta del cammino della nostra Nazionale. "Il problema inizia lì, ma se noi vogliamo giocarci la partita con gli All Blacks, dobbiamo vincere", ha dichiarato Spagnoli. "La questione, per me, risiede solo la mentalità. Perché Francia e Nuova Zelanda sono molto abituate a questo tipo di partite e il rischio è di esssere asfaltati. Vedendo la Nazionale Italiana ultimamente spero che tiri fuori tutto quello che il bravo tecnico gli ha trasmesso".
Ottimista è Cuttitta che vede delle opportunità per gli Azzurri. "Io sono sicuro che questo mondiale sarà la svolta per la Nazionale Italiana, un gruppo solido e giovane che potrà fare benissimo nei prossimi mondiali, ma che ha anche l’occasione di giocarsela oggi. Il Mondiale è particolare, le squadre si formano e stanno insieme per due mesi con la possibilità di diventare un gruppo di fenomeni. Basta guardare cosa hanno fatto le Isole Fiji contro l’Inghilterra vincendo per la prima volta a Twickenham". Un successo anche con l’Uruguay, infine, "ci permetterà di incontrare la Nuova Zelanda o davanti a loro o a pari punti".
L’inizio di questa manifestazione ha un gusto particolare per l’ex giocatore di Aquila, Milano e Calvisano che era in campo nella gara inaugurale della prima edizione, come ha spiegato lui stesso. "È un momento emozionante per me perché ho partecipato per la prima volta nel lontano ’87. Era tutto strano, era la prima volta che si incontravano 12 squadre in un paese per disputare questo evento. Non c’era ancora il professionismo, non c’era ancora l’antidoping. Era tutto in una fase nuova e c’era una tensione che si tagliava con il coltello". Fu anche la prima volta che i nostri giocatori, che sfidarono la Nuova Zelanda si trovarono di fronte alla leggendaria Haka, la danza Maori che accompagna la vita delle popolazioni di quelle zone. "Scesi in campo vedemmo che i Neozelandesi cominciarono a muoversi tutti agitati e, in particolare, mi trovai Kirwan davanti a fissarmi con l’espressione di quello che era pronto anche a uccidere", ha proseguito Cuttitta. "La partita fu durissima da parte loro e noi sentimmo il fuso orario. Nel primo tempo, infatti, eravamo in partita perché arrivammo all’intervallo sul 17-3. Poi, come sapete tutti, terminò 70-6, perché loro erano una macchina da guerra. Ci siamo rifatti, però, nel 1991 a Leicester con il 31-21".
Sul vincitore finale, Cuttitta ha una favorita ben precisa e una possibile sorpresa. "Il mio pronostico dice Sud Africa, non solo perché ci ho vissuto, ma perché sono appena stato là e li ho incontrati, ci ho parlato con loro e ho visto come stanno. Sono fisicamente in grande forma. Hanno una grande profondità di rosa con 35 giocatori dello stesso livello. L’outsider, invece, è la Scozia". Un pronostico anche da parte di Adriano Fedrigo, il decano del gruppo. "Penso che il vincitore sarà la Francia che non può perdere. Hanno tecnica, voglia e, soprattutto, avranno la spinta di tutti i 64 milioni di tifosi. La Francia deve vincere".
In chiusura si è parlato anche della salute del rugby italiano e del perché non ci sono più squadre nelle grandi città. "Non c’è mai stata la volontà di portare il rugby nelle grandi città – ha dichiarato Cuttitta -. Senza fare polemiche, non decolla nei grossi centri urbani perché abbiamo sempre avuto dei vertici che non hanno mai avuto la visione di creare dei progetti che portassero i risultati, soprattutto nelle città. Se iniziassimo ad avere delle squadre a Roma, Palermo, Catania, Firenze, Milano o Napoli, il serbatoio dove prelevare i giovani sarebbe maggiore e, naturalmente, la qualità aumenterebbe".