GIULIANA LORENZO
Sport

Luca Marin, una vita in vasca: dalla carriera di atleta al ruolo di coach

Il siciliano è uno degli ambassador del Vitilive Walking Tour che il 29 ottobre ha fatto tappa a Milano. L’ex azzurro si racconta

Luca Marin

Luca Marin

Il suo record nei 400 misti, datato 2007, resiste ancora. Luca Marin ex azzurro, oggi è dall’altro lato della barricata e della frontiera, visto che allena in Svizzera al Nuoto Sport Locarno. Il siciliano è uno degli ambassador del Vitilive Walking Tour che il 29 ottobre ha fatto tappa a Milano. Fin da piccolo ha infatti dovuto affrontare questa patologia.

Come convive con la vitiligine?

"Mi è stata diagnosticata quando avevo 12-13 anni, la prima macchia è comparsa sulla fronte. Non ero preoccupato ma i miei sì, temevano che potesse estendersi su tutta la faccia. Poi, si sono formate delle chiazze bianche nei capelli: così abbiamo scoperto che lì c’era della vitiligine. I primi anni non ci facevo caso, ma a scuola venivo chiamato dalmata. Ci rimanevo male: se oggi dovesse succedere una cosa del genere, si parlerebbe di bullismo. Allora era più un fattore estetico, mi sono tinto i capelli per anni e poi ho smesso verso i 22-23. Ho deciso di trasformare la mia patologia in un tratto distintivo. La mia fortuna è che la macchia sulla fronte si è pigmentata e non è avanzata. Oggi c’è gente che ne soffre, molti si vergognano. Questa campagna tenta di sensibilizzare e far conoscere di più la malattia".

Lo sport l’ha aiutata?

"Sì, avevo un impegno oltre alla scuola che mi portava a uscire di casa e convivere con quella che era la mia situazione. A quell’età cercavo di spiegare il mio problema, ora i tempi sono cambiati e bisogna sempre stare attenti a come si dicono le cose".

Come è questa vita da allenatore?

"Il nuoto è stato anni di vita, lo è tuttora. Ho iniziato a 6 e ho smesso a 32. Ho un gruppo di giovani che va dai 13 ai 18 - 19 anni, mi piace trasmettere la mia passione. Cerco di correggerli, seguirli, farli migliorare, di far capire tanti aspetti che ho vissuto quando avevo la loro età. Bisogna fare sacrifici se si vuole arrivare ad ottenere risultati. È un lavoro che mi appaga".

Ha vinto la prima medaglia da allenatore ai mondiali Paralimpici con Emma Mecic…

"È un altro mondo rispetto a quello dei normodotati. Abbiamo lavorato in vista della partecipazione alle Paralimpiadi 2024. Quello era l’obiettivo della stagione passata. Quando eravamo ai mondiali, l’idea che potesse andare a medaglia me la son fatta, senza dirlo a lei. Più si avvicinava alla gara, più ero consapevole di quello che poteva fare, ma lo scopo era la qualificazione per Parigi, lei è ancora giovane, è 2007. Può crescere e in quel mondo ha la strada ben spianata. La differenza tra il mondo paralimpico e normodotati è la forza di volontà. Non si arrendono mai, è un modo forse di essere al pari degli altri, gareggiando e mettendosi alla prova. Cercano riscatto, hanno voglia di dimostrare ciò che valgono"

Che voto darebbe da allenatore al suo percorso?

"Ho ancora da imparare, trovarsi dall’altra parte non è la stessa cosa. Un 7, 7 e mezzo. I ragazzi che alleno hanno tante cose, a quell’età bisogna capire qual è il reale potenziale e che al di fuori c’è un’altra vita, non arrivare a spremere giusto per. In Svizzera è completamente diverso: la scuola viene prima, in Italia, almeno quando nuotavo io no. Tanto è vero che da due anni mi sono iscritto a Scienze Motorie all’Università: quando nuotavo ero consapevole di non essere in grado di riuscire a conciliare le cose".

Da atleta che voto si darebbe?

"Un 8, non un 10 perché l’unica medaglia che mi manca è quella olimpica. Ho avuto degli alti e bassi che secondo me potevano essere gestiti in maniera diversa. Sono arrivato secondo e terzo ai mondiali in anni diversi. Il podio olimpico era un sogno e rimarrà tale o posso sperare di prenderlo nelle vesti di allenatore".

Intanto rimane il suo record italiano nei 400 misti..,

"È ancora lì, non so per quanto: Alberto Razzetti si è avvicinato tantissimo e in corta ce l’ha fatta. Quest’anno potrebbe essere l’anno buono. È giusto, è del 2007, sono tanti anni che resiste, i record vanno battuti e serve al movimento che si sta muovendo bene. Nei misti va così e così: la perdita di questo record vorrebbe dire che il movimento italiano si sta muovendo pure nei misti".

È una bella Italnuoto…

"Sembra un bellissimo gruppo, unito, sono competitivi in quasi tutte le gare, cosa che penso non sia mai successa, riusciamo a raggiungere finali a livello internazionale. Stanno facendo un ottimo lavoro sono giovani. L’importante è che ci sia qualcosa alle spalle. Le Olimpiadi di Sidney con Rosolino o Fioravanti hanno stimolato me e quelli più o meno della mia età: adesso quest’Italia stimola i giovani".