GIULIANA LORENZO
Sport

Martina Caironi. "La medaglia d’oro a Parigi il lieto fine della carriera. Ero un furia prima dei 100»

La campionessa bergamasca festeggia oggi il suo trentacinquesimo compleanno. E parla dell’ultima, bellissima esperienza, dove ha superato infortuni e difficoltà. "Volevo chiudere in belllezza, con una gioia alle Paralimpiadi. Mai avuto paura".

"La medaglia d’oro a Parigi il lieto fine della carriera. Ero un furia prima dei 100"

La campionessa bergamasca festeggia oggi il suo trentacinquesimo compleanno. E parla dell’ultima, bellissima esperienza, dove ha superato infortuni e difficoltà. "Volevo chiudere in belllezza, con una gioia alle Paralimpiadi. Mai avuto paura".

Spegne oggi 35 candeline Martina Caironi. il dono più bello se l’è fatto a Parigi anche se nessuno, in realtà, le ha regalato nulla. L’atleta paralimpica lombarda, con la consueta furia agonistica si è presa quell’ oro che voleva come ciliegina, non sulla torta, ma sulla carriera.

Cosa ha pensato dopo aver tagliato il traguardo nei 100?

"Ho capito subito di essere arrivata prima e pensato: finalmente ce l’ho fatta. Mi sono accorta del “dramma“ che stava accadendo, ero preparata a fare un bel photofinish, ho detto ‘arriviamo insieme e mi butto’. E quando Ambra (Sabatini, ndr) è caduta, non c’è stato bisogno".

Ha parlato con Sabatini?

"Subito dopo no, non abbiamo avuto modo. L’ho consolata e le ho detto che quando ci vedremo, tra qualche settimana, lo faremo. Era triste, ma l’ha presa in maniera abbastanza matura".

Cosa rappresenta l’oro?

"Era l’obiettivo finale, concludere la carriera con la medaglia più bella alle Paralimpiadi. Significa tanto, ci tengo a dirlo perché purtroppo con una gara così l’attenzione è un po’ sfumata. È stato un impegno, per una serie di infortuni che ho avuto. Prima, alla schiena, con marzo-aprile ferma; poi uno stiramento importante a inizio agosto che mi ha tenuto ferma due settimane facendomi pensare che tutto fosse finito. Ho dovuto fare un grande sforzo, sia fisico che mentale per tornare a spingere. Io, come anche altri atleti, nel momento della difficoltà, reagisco con il doppio della grinta. Quando è successo mi sono detta ‘ma perché adesso?’ Ho cercato di dare un senso, perché può accadere qualcosa e non puoi farci nulla, ma dopo puoi reagire, decidi tu cosa succede. È chiaro che per uno stiramento ci sono dei tempi che non puoi accorciare. Siamo arrivati a filo: la medaglia è l’emblema di una carriera fatta con esperienza e conclusa con esperienza. Il salto in lungo, non è andato bene, non riuscivo a entrare in gara, ma so come sono arrivata prima dei 100: ero una furia. È importante, in gara e nella vita, non aver paura. Se hai paura, questa ti divora e ti fa perdere. Se invece l’aggredisci sei inarrestabile".

Come mai ha fatto fatica nel lungo? Ha mai pensato di mollare una delle due specialità?

"Quando sono entrata nello stadio mi veniva da piangere. Avevo creato una bolla, senza dire a nessuno che mi ero fatta male. Ho tenuto duro con gli allenamenti, mi sono tenuta dentro questioni personali, allontanandomi un po’ da tutti. Lì è come se si fosse aperto un varco, in più era una pedana che non mi aspettavo così. Si è visto con tutte, a parte la bilaterale, che è Vanessa Low, che ha vinto e ha un modo di correre e saltare totalmente diverso dal nostro. Tutte hanno saltato almeno 40 centimetri in meno rispetto ai propri personali, me compresa. C’era qualcosa che non andava. In questi anni è stato difficile portare avanti ambo le discipline perché durante la settimana bisogna fare due tipi di allenamenti, è un doppio lavoro. Non ho mai pensato di abbandonarne né una né l’altra perché mi piacciono, non ho saputo scegliere".

Un aneddoto di Parigi? Ha dato l’adesivo a Rigivan Ganeshamoorthy…

"Lui è l’exploit delle Paralimpiadi dal punto di vista italiano, perché è arrivato un oro meraviglioso ed è una personalità che ha avvicinato le persone al nostro mondo. Invece, dopo la gara del lungo, ho raccolto le mie cose e mi ricordo che nella borsa avevo una carta, un jolly che mi ero portata a livello simbolico. Al mio allenatore, Gianni (Marcarini, ndc), ho sempre detto che in caso di difficoltà ho l’asso nella manica. In questo caso, ho tirato fuori un jolly: al quarto salto ero quarta, cosa mai successa. Con determinazione infinita e impegno, sono riuscita a farlo. Gli ho consegnato quella carta dicendogli: ‘ho tirato fuori il jolly’. Nonostante l’infortunio, l’età e altre cose, hai sempre l’opportunità di dar qualcosa in più, non tutti ci riescono nel momento giusto, l’esperienza ci vuole. Spesso ci si lascia demoralizzare, ma bisogna insistere, quel jolly ce l’abbiamo tutti".

In passato disse che l’oro di Rio era il momento più alto, e adesso?

"Penso che questi 100 abbiano superato tutto per come mi sono sentita. È il momento più alto della mia carriera a livello agonistico, di concentrazione, consapevolezza. È stato bello e allo stesso tempo quasi tremendo, talmente forte che devo ancora riprendermi".

Nel 2028 non ci sarà, la vedremo ancora in pista?

"Staccherò, mi prenderò il mio tempo per capire se mi mancherà talmente tanto da pensare di proseguire qualche anno o una stagione, non lo so, lo saprò più avanti. Mi sento soddisfatta, appagata da questi 14 anni di carriera che mi hanno dato tantissimo. Per mantenerli così belli è giusto fermarsi, si rischia di entrare in un loop che va a rovinare tutto. Io volevo concludere in bellezza, proprio così…".

Continua a leggere tutte le notizie di sport su