Più del triplo dei contrasti vinti (16-5), quasi due chilometri di corsa in più (117,2-115.9) nel derby. "Ogni allenatore vuole la perfezione, ma qui bisogna ripartire dalle basi", Conceiçao dixit. Eccole, le due basi, nei duelli e nei polmoni. Tradotto: carattere. Ossia ciò che si pretende(va) da una squadra salita troppe volte sulle montagne russe. E che aveva sulle spalle il peso dei fantasmi della notte da incubo di Zagabria.
Fantasmi scacciati, a livello di attributi. Certi dati non mentono. Come non mentono le prestazioni di Tomori e Pavlovic, simboli tra i simboli. Coppia titolare, sulla carta, sotto l’ombrellone. Di fatto, bocciata da Fonseca. L’inglese, dopo Firenze (erroracci e complicità nello scippare un rigore a Pulisic) era finito ai margini: un quarto d’ora di campo, spalmato su tre gare, nelle successive dieci partite di campionato. L’ammonizione dalla panchina, in Champions, rimediata da diffidato con la Stella Rossa, a certificarne il malessere dell’era Fonseca. Tutt’altra era, con l’uomo da Coimbra: titolarissimo, fin da subito. Nonostante i milioni messi sul piatto dalla Juventus prima e dal Tottenham poi. No, grazie, la risposta del 27enne, alla faccia degli inviti a pensarci su. Risposta forte e chiara, esplicitata senza possibilità di equivoci anche a San Siro domenica sera: migliore in campo. Murati in serie Lautaro, Thuram, ma anche Barella, Mkhitaryan, Frattesi: in pratica, chiunque arrivasse in zona.
Copia e incolla (quasi) per Pavlovic: il difensore che serviva, sulla carta, in estate. Poi il presunto flop tra i flop di mercato, sempre sulla carta. Il suo campionato da metà novembre a metà gennaio: panchina. Poi il Parma: chiusure, zuccate, un rigore conquistato, due assist. Poi, il derby. Protagonista, complici gli infortuni di Thiaw e Gabbia. Protagonista, in nome in primis del carattere che pretende Conceiçao: "Io voglio una squadra che pressa, compatta, alta, aggressiva e con intensità". Missione compiuta, per i due centrali. Missione rimandata, per altri. Ma qui l’inghippo è anche e soprattutto nei cambi. Quelli di Inzaghi: Bisseck, Zielinski, Carlos Augusto, Frattesi, Zalewski (lasciando fuori Taremi, Arnautovic e compagnia). Quelli del portoghese, privo dell’insostituibile Fofana: Jimenez, Terracciano, Camarda, Gabbia (acciaccato), Chukwueze. Hai voglia a cambiare... "Con il mercato finito saremo più tranquilli. Ci manca qualcosa, voglio pressare più alto, anche di venti metri. Quando attacchi bene - le parole del tecnico - sei preparato a recuperare palla e non soffri così. L’aspetto mentale c’è stato: ho visto delusione per due punti persi, mentre l’Inter festeggiava. Il carattere c’è stato. Ora ci deve essere la continuità. E questo non è negoziabile". Non lo è più nemmeno il mercato: finito. Così come gli alibi.
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