GIULIO MOLA
Sport

Milan, i playoff non sono un miraggio. La squadra cresce, il calendario aiuta

Rossoneri ultimi a zero punti in Champions, ma arrivano segnali confortanti. Le quattro gare verità

Tammy Abraham, attaccante del Milan, nello sfortunato match di Leverkusen

Tammy Abraham, attaccante del Milan, nello sfortunato match di Leverkusen

La parola d’ordine è: “Nessun dramma“. Certo, dopo la seconda giornata della prima fase della Champions League la classifica parla chiaro, perché con due sconfitte sul groppone l’ultimo posto in classifica è inevitabile. Ma al di là del fatto che la “ricaduta“ in Europa contro il Bayer Leverkusen fa meno male rispetto all’1-3 rimediato a San Siro con il Liverpool nella gara d’esordio per la qualità del gioco e le occasioni avute dai rossoneri in Germania, non tutto è compromesso. Il viaggio verso la finale di Monaco di Baviera è lunghissimo, siamo solo ad inizio ottobre e l’obiettivo minimo, ovvero arrivare ai playoff per poi provare l’accesso agli ottavi di finale, resta assolutamente alla portata di Fonseca e della sua squadra alla luce dei risultati di martedì e mercoledì. Più complicato (ma non impossibile) il passaggio diretto alla fase successiva, a beneficio solo delle prime otto squadre classificate. Chi si piazzerà invece fra il nono e il ventiquattresimo posto, avrà un supplemento di fatica con sfida ad eliminazione diretta.

Dopo due turni il Milan è fra le otto squadre (certamente la più “titolata“) ferme ancora a quota zero e virtualmente trentaduesimo. Soltanto sette sono le formazioni a punteggio pieno, mentre nella zona “playoff“ galleggiano altri club blasonati come Arsenal, Bayern Monaco, Psg, Barcellona, Real Madrid e Atletico Madrid. Anche le tre spagnole e i francesi hanno perso un match, ecco perché il discorso qualificazione è apertissimo anche per i rossoneri, proprio per l’effetto del nuovo “format“, con le partite del maxi-girone che andranno avanti fino a gennaio. "Quella di Leverkusen è stata la partita che più mi è piaciuta da quando alleno il Milan, ai miei calciatori ho detto di aver apprezzato tanto il coraggio dell’ultima mezz’ora", le parole a “caldo“ di Fonseca. Il quale sa bene che c’è ancora tanto da lavorare e da migliorare, ma al di là del rendimento in campo dei giocatori, è il calendario che sembra sorridere ai rossoneri: da qui a metà dicembre ci saranno altre quattro partite, e l’unica molto complicata (sulla carta) sembra essere quella del 5 novembre in casa del Real Madrid. Tre punti sono invece alla portata nel prossimo turno (22 ottobre contro il Bruges a San Siro), ma pure alla quinta giornata (26 novembre) nella trasferta di Bratislava e alla sesta (ancora in casa, contro la Stella Rossa). Con nove punti in cassaforte, infatti, Leao e soci si giocherebbero tutto nelle ultime due gare (a gennaio) contro Girona e Dinamo Zagabria, avversari non di prima fascia. Ovvio che qualificarsi al nono a decimo posto consentirebbe un sorteggio migliore nei match dell’11 e 12 febbraio (ritorno 18 e 19 febbraio).

In questo momento a Milanello l’importante è restare tranquilli e concentrati anche in vista della delicata trasferta di domenica a Firenze: più che confortanti segnali di risveglio ci sono stati in campionato (prima e dopo il derby vinto meritatamente nonostante gli sfavori del pronostico). E se questo Milan (con Fofana anima del centrocampo) continua così, può solo crescere e fare ancora più male in avanti, soprattutto quando Leao (spesso custode svampito della fascia sinistra) sarà al livello degli altri, Abraham aggiusterà la mira in zona tiro e Loftus Cheek diventerà più continuo. Anche Fonseca può migliorare nella gestione dell’intera rosa, visto che ad oggi il Milan è la squadra che fa meno turnover in Europa: Pavlovic in questo momento sembra ai margini, ma ci sono anche altri calciatori cui viene concessa una manciata di minuti solo nei finali di partita. Forse anche Okafor, Chukwueze, Jovic e Musah, in un periodo in cui gli impegni si moltiplicano, meriterebbero più spazio per far rifiatare i compagni di squadra. Anche perché chi resta a guardare rischia di perdere motivazioni. Giocare meno, ma giocare tutti. Dall’altra parte del Naviglio è la strada intrapresa da Simone Inzaghi. E forse, vista la stagione lunghissima e faticosa, non è un’idea sbagliata.

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