C’è sempre un tempo per dire basta. Ma, allo stesso tempo, c’è pure un tempo per ripartire. E poco importa se passano gli anni e se il palcoscenico non è quello di una volta, visto che hai deciso di scendere di ben quattro categorie. Finchè c’è passione, voglia di divertirsi e soprattutto fame di successo, ne vale la pena. "E poi, dopo aver speso tanti e tanti milioni di euro, almeno quest’anno nessuno mi chiede soldi".
Così parlò Paolo Di Nunno, 75 anni, uno dei dirigenti più “vulcanici“ del calcio nostrano. Lo avevamo lasciato a Lecco in serie B, dove fino a qualche mese fa nel Rigamonti rifatto a sue spese sfidava Sampdoria e Bari, Palermo e Parma. E il suo derby era quello col Como. Oggi è tutto cambiato per il presidente sempre sopra le righe e innamoratissimo del pallone. Quello che rotola a Baranzate, nell’hinterland di Milano. Superati piccoli e grandi problemi di salute che lo hanno debilitato non poco nell’ultimo periodo alla guida dei blucelesti, l’uomo che da adolescente lavorava nelle campagne di Canosa di Puglia salvo poi crearsi un piccolo impero con la sua società per azioni nella produzione di apparecchi e schede per le slot machine, si gode la sua nuova creatura calcistica.
Con l’entusiasmo di un esordiente e l’ambizione di chi è pronto a sfidare tutto e tutti, ha intrapreso un’altra avventura, al timone della Baranzatese 1948. Nel girone A del campionato di Promozione, dove gli avversari si chiamano Besnatese e Canegrate, Valle Olona e Castanese. Quattordici vittorie, due pareggi ed una sola sconfitta nelle diciassette gare fin qui disputate, primo posto con 44 punti ben saldo perché il Morazzone che insegue è cinque punti sotto.
"Dove voglio arrivare? la squadra deve vincere il campionato e salire direttamente in Eccellenza, senza passare dai playoff. E poi l’obiettivo è la serie D, per ora...". Insomma, chi pensava che Di Nunno avesse poco o nulla da chiedere al calcio, si sbaglia. Non è scomparso il patron, anzi. E ha idee chiarissime. Vero, il ciclo a Lecco dopo una storica promozione fra i cadetti si è chiuso male, e non solo per colpa di una retrocessione quasi annunciata. Ma il “presidentissimo“ non ha perso tempo e ha voluto rilanciare. Ricominciando da Baranzate, piccolo paese vicino alla “sua” Cormano, quartier generale dell’azienda di famiglia. Sette chilometri d’auto percorsi volentieri, pensando sempre in positivo. "Senza calcio faccio fatica... Mi hanno chiesto se avessi voglia di occuparmi della Baranzatese e ho accettato. Ma qui è tutto un altro mondo: niente stress, niente richieste, niente polemiche. Non c’è tanta gente che segue la squadra anche se so di essere apprezzato e tutti mi vogliono, e quindi si può lavorare in pace. Però qui non si gioca solo per partecipare, io voglio vincere. Sempre. Ed è quello che dico nello spogliatoio, anche quando arrivano i tre punti. E poi c’è una cosa diversa rispetto al passato, oltre alla categoria inferiore: qui almeno non butto soldi. A Lecco in sette anni di presidenza ho speso 12 milioni ma di questo nessuno ne parla...".
Nessuna voglia di far polemiche, ma solo una constatazione quella del patron Di Nunno. Perché qualche rimpianto post-Lecco c’è sempre. Una ferita aperta nel cuore di chi, per i blucelesti, ha dato l’anima. "Credo di aver ricevuto critiche ingiuste da una parte della tifoseria, anche quando stavo male ed ero ricoverato in ospedale. Forse qualcuno si dimentica di quel che ho fatto, e che ho pagato di tasca mia anche il campo sintetico dello stadio provvedendo poi ai lavori di adeguamento per mettere a norma il Rigamonti Ceppi". Traspare amarezza dalle parole di Di Nunno, e quel senso di irriconoscenza che non rende giustizia ai sacrifici fatti in sette anni, dove gioie e dolori si sono alternati. Ora, però, testa solo alla Baranzatese, dove tra l’altro c’è anche un floridissimo settore giovanile: "Mi diverto, abbiamo una bella squadra e possiamo toglierci belle soddisfazioni".
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